martedì 27 novembre 2007

Una lezione

Personaggi:

Andrea Barucci attore
Sonia Mancini aspirante attrice
Carlo De Angelis un amico

Luogo

un piccolo teatro deserto
Il palcoscenico è vuoto, sulla scena, di spalle, una sedia a dondolo con una coperta allargata sopra.

Nella sala sono accese le mezze luci.
Dal fondo entrano un uomo e una ragazza molto avvenente.

De Angelis - Vieni ... Ecco, è qui.
Mancini - Ma non c'è nessuno?
De Angelis - Non è possibile. (Chiama) Andrea!? ... Non capisco, eppure 'sta sera c'è spettacolo.
Mancini - Ma se la scena è vuota...
De Angelis - Non so ... ma se ci fosse un rinvio avrebbero messo un avviso fuori.
Mancini - Sei sicuro che sia qui?
De Angelis - Bhè, ci sono anche i manifesti.
Mancini - Forse è presto
De Angelis - Già ... Vedrai, Andrea è un tipo strano ma molto in gamba.
Mancini - Pensi sia disposto ad insegnarmi qualcosa?
De Angelis - Certamente. Non è insensibile al fascino femminile. Per così dire.
Mancini - Che posto orribile!
De Angelis - Un po' squallido, eh?
Mancini - Non ero mai stata in un teatro vuoto. Veramente deprimente.
De Angelis - Se vuoi, dopo, posso cercare di tirarti un po' su. Conosco un localino qui vicino niente male: pochi tavolini, luce soffusa, cucina sfiziosa ...
Mancini - Cos'è, una proposta?
De Angelis - Innocente.
Mancini - (sorride, si bacia l'indice e lo pone sulle labbra dell'altro) Vedremo (si allontana) Ma se il tuo amico è così bravo, perché lavora qui invece che in qualche grande teatro?
De Angelis - Te l'ho detto: è un tipo strano. E' veramente bravo - basta vederlo in azione - Farebbe la sua figura dinanzi ai migliori in circolazione. Eppure non s'è mai dato da fare per avere un vero successo ... Almeno è quello che a me è sembrato, anche se io - certo - non sono dell'ambiente: non è con me che parla del suo lavoro. In fondo comunque credo che questo sia un mestiere in cui occorra avere anche una buona dose di fortuna.
Mancini - E il cinema?
De Angelis - Odia il cinema.
Mancini - E me lo dici adesso?
De Angelis - Rilassati. Andrà tutto bene.
Mancini -La fai facile tu. Ma non sei te a dover fare quel provino.
De Angelis - Oh, se andrà male avrai altre occasioni. Le doti non ti mancano.
Mancini - Non scherzare. Per me è una cosa seria.
De Angelis - Ma io non scherzo affatto.
Mancini - Grazie (lui tenta di prenderle la mano ma lei si volta) Ma dove può essere il tuo amico?
De Angelis - (chiama) Andrea!?
Mancini - Niente da fare. Andiamo?
De Angelis - Eppure sono sicuro che sia qui (a ridosso del palcoscenico grida ancora) Andrea!!
Barucci - (da dietro la sedia a dondolo) Eh?! ... Chi ..?
De Angelis - Andrea?
Barucci - (lentamente si alza in piedi mostrandosi - si è evidentemente svegliato di soprassalto) Ma chi ca... Ah, sei tu.
De Angelis - Com'è, ti sei addormentato?
Barucci - Lasciami stare. Ho dormito tre ore 'sta notte. Hai qualcosa da bere? Ho un mal di testa ...
De Angelis - No. Senti Andrea, ti presento Sonia.
Barucci - Uhm.
Mancini - Piacere.
De Angelis - Siamo qui ...
Barucci - (a Sonia) Hai una pasticca? ... per il mal di testa.
Mancini - No, mi dispiace.
Barucci - Sedetevi da qualche parte (voltata la sedia a dondolo vi si lascia cadere su)
De Angelis - Siamo qui ...
Barucci - (a Sonia socchiudendo gli occhi con l'atteggiamento dei miopi) E tu chi sei?
Mancini - Sonia Mancini.
Barucci - Ah ...
De Angelis - Ti dicevo che siamo qui perché Sonia vorrebbe da te qualche lezione di recitazione.
Barucci - Perché?
De Angelis - Vuole partecipare ad un provino per un film.
Barucci - Ah!
Mancini - E' disposto?
Barucci - Non sprecare tempo - Cristo mi serve una bottiglia! - Nel cinema non serve recitare.
Mancini - No?
Barucci - Fatti vedere ... Su, vieni qui su! (Sonia dopo un attimo di perplessità sale le scalette e va sul palco ponendosi di fronte a Barucci) Si, niente male ... (si alza e ispeziona Sonia girandole intorno, quindi con l'indice della mano destra le solleva la testa ponendola in direzione della luce) Si, la luce c'è ... negli occhi ... E' fondamentale per il cinema (tornando ad abbattersi sulla sedia a dondolo) Va bene. Vai. Puoi fare cinema.
Mancini - Ma voglio imparare qualcosa sulla recitazione.
Barucci - Senti. Che tu faccia "L'infermiera del reggimento allupato" o l'ultima versione della "Medea" la cosa più espressiva che ti verrà richiesta è il culo. E per questo sei già molto dotata.
De Angelis - (a Sonia) Non lasciarti impressionare e dagli sotto. E' uno specialista nel disorientare la gente.
Mancini - (a Barucci) C'è qualche ragione perché lei sia così caustico?
Barucci - Senti piccola, è inutile che tu pensi alla volpe e all'uva. (Sonia ha un gesto di diniego) No, lasciami dire: riconosco le intonazioni - è il mio mestiere - Ma risparmiati menate psicologiche: t'ho detto il vero.
Mancini - Allora mi spieghi.
Barucci - ... Carlo, va' dietro. Nella stanza del Direttore dev'esserci qualche bottiglia (De Angelis esce da dietro le quinte e Barucci, estratti un paio di occhialini da una tasca, li inforca e scruta attentamente la ragazza) Che cosa cerchi?
Mancini - Le ho detto ...
Barucci - Dammi del tu che mi fai sentire vecchio.
Mancini - Va bene. Voglio fare l'attrice.
Barucci - Che significa?
Mancini - Bhè ... recitare, fare films ...
Barucci - Successo, fama, passaggi televisivi, gente che ti riconosce e ti segue per strada.
Mancini - C'è qualcosa di male?
Barucci - Per carità, no! Se è questo quello che vuoi.
Mancini - C'è altro? (Barucci alza le spalle) Si, sono ambiziosa, è vero. Voglio il successo.
Barucci - Il successo ...
Mancini -Già.
Barucci - Sai quello che vuoi, eh?
Mancini - Certo e sono pronta a lavorare sodo.
Barucci - Lezioni, provini, eventuale letto ... L'importante è programmare.
Mancini - Siamo negli anni novanta.
Barucci - (a sé stesso) Già e io mi son perso lontano sulla zattera della Medusa ...
Mancini - Come?
Barucci - Niente: ho la nausea. E se non dovessi riuscire?
Mancini - Tu dimmi se posso farcela.
Barucci - Ti sembro la persona adatta?
Mancini - ... Non so. Carlo è entusiasta di te.
Barucci - Carlo non capisce niente.
De Angelis - (rientrando con una bottiglia di liquore in mano) Grazie della considerazione (e da sgarbatamente in mano la bottiglia a Barucci)
Barucci - Senza offesa, Carlo, ma altrimenti non l'avresti portata qui da me. (a Sonia) Dunque vuoi imparare a recitare ... E va bene (beve alla bottiglia) Spogliati.
De Angelis - Che cavolo ...
Barucci - Sta' zitto! (a Sonia) Allora, hai sentito?
Mancini - Che significa ...
Barucci - Significa che ti devi spogliare. Togliere i vestiti. Il reggiseno, gli slip. Tutto.
Mancini - Sei un porco.
Barucci - Facci uno strip, su!
Mancini - (fa per andarsene) Io gli uomini me li scelgo.
Barucci - Prima lezione: quando si recita non ci si copre con la pelle di un altro, non ci si mimetizza. Ci si spoglia. Nudi! Se non sei disposta a mostrare la passera come puoi credere di riuscire a mostrarci l'anima?
De Angelis - Vacci piano.
Barucci - La bambina è intelligente. Ha capito (Sonia si è fermata interdetta) Non parlare! Si, hai capito. Ma non raccontarcelo. Mostracelo.
Mancini - E perché proprio spogliandomi?
Barucci - Perché sei femminuccia, bambina mia, e la colpa non è nostra. Che ti piaccia o meno da quando non sono i maschi a recitare le parti femminili le vostre sono parti da letto. Se la cosa non ti va prendi la penna e scrivi. (Sonia, in platea, inizia a spogliarsi prima impacciata, con grande sforzo, poi con gusto quasi perverso, provocatorio. Quando è rimasta in slip e reggiseno Barucci la interrompe) Stop! Ferma, basta!
De Angelis - (in un sibilo) Cristo!
Barucci - (a Sonia interdetta) Seconda lezione: bisogna distinguere sempre il teatro dal circo. E' al circo che si esegue un doppio salto mortale o che ci si lascia sbranare dai leoni. A teatro tutto si manifesta e nulla avviene.
Mancini - Che significa?
Barucci - La nostra è un'epoca da basso impero. Ogni giorno nelle nostre case si riversano le immagini della morte, ma il suicidio in diretta è qualcosa che insozza mentre la morte scenica purifica, esalta.
Mancini - Stai cercando di dirmi che la finzione ...
Barucci - Ma quale finzione ... Sulla scena vive quel che nella vita cerchiamo - malamente - di vivere. Rivestiti, perché in fondo in fondo sono un porco (Sonia si riveste) Quel che avevi da svelare lo hai già mostrato. Per il teatro non importa il diametro dei tuoi capezzoli o il colore del tuo pube ... Anche se aiuta.
Mancini - Forse ho capito.
Barucci - Perfetto. Questo è quanto avevo da insegnarti. Ora sai tutto.
Mancini - Come, tutto?
Barucci - Sai quello che serve.
Mancini - Ma le battute ...
Barucci - Scempiaggini. Per fare cinema non ti serve. Spogliati, senza mai imparare a spogliarti. Vergognati ogni volta o avrai la stessa sensualità che c'è in un film pornografico. Nessuna. Ricordati, è l'anima che ferisce i sensi.
Mancini - Vorrei saperne di più sul tuo teatro.
Barucci - Lascia perdere ... non ti interessa ... e sei in buona compagnia.
Mancini - Carlo dice che sei molto bravo.
Barucci - E questa è un'altra delle sue stupidaggini. Cos'è la bravura? Quand'è che un attore è bravo? Quando lo applaudono? Quando fa i soldi? Quando?
Mancini - Quando?
De Angelis - Quando sta lì e ti fa ridere o gridare.
Barucci - Fesserie.
De Angelis - E allora diccelo.
Barucci - ... D'accordo (beve un'ampia sorsata) Ero poco più d'un bambino ... Undici, dodici anni al massimo. Avevo un amico - Stefano - uno di quelli a quella età. Sai come sono le amicizie infantili: grezze e assolute. Diamanti, puri, che non sei in grado di valutare fino a ché l'intagliatore non li avrà colpiti con minore o maggiore maestria liberando una folgorante potenza o effimeri lampi d'energia. Un amico ... E' finito in India ... più tardi ... l'ho rivisto - falena-pachiderma a caccia di quei lampi ... Non aveva una grossa fantasia, Stefano ... Non è vero ... L'aveva, ma diversa. Non creava: non gli ho mai sentito inventare una storia, un gioco, uno scherzo ... Ma era d'una credulità! ... Perché dire che fosse ingenuo? No, Stefano aveva un'abilità estremamente rara: riuscire a vivere plausibile l'assunto più sconcertante, la fantasia più improbabile che io gli propinassi. Trasformava, inconsapevole, uno schizzo malandrino in un affresco rinascimentale ... Questo era Stefano vittima ed a un tempo compare dei miei scherzi.
Mancini - Eri molto legato a lui?
Barucci - Eh? Oh, si ... E' strano come ci si scopra cambiati. Sono passati, quanti? Trent'anni, quasi, eppure mi sento lo stesso se non ripenso a Stefano e alla nostra amicizia, a ciò di cui non sono più capace ... (recita sommessamente) "Io lo conobbi, Orazio; un tipo d'un'arguzia inesauribile e d'una rara vivacità di fantasia. Mille volte mi portò a cavalluccio sulle spalle. Ed ora che orrenda immagine offre al mio ricordo! Mi stringe lo stomaco e la gola. Qui erano quelle labbra che mi han baciato non so quante volte. Dove sono, ora, le tue beffe? Le tue capriole? Le tue canzoni? Le tue scariche d'allegria che sollevavano tra le mense una mareggiata di risate? Nessuno più, c'è, oggi, a farsi spasso di questo tuo ghigno? E così smascellato, sei? Va' adesso in camera di madama e dille che può pur mettersi un palmo di belletto sulle guance, a questo dovrà sempre ridursi: e che ne rida, se può".
De Angelis - (applaude) Bravo!
Barucci - (ignorandolo - c.s.) "L'imperiale Cesare, morto e risorto in Creta / Eccolo su una crepa, a chiudere uno spiffero. / E così quella creta che tenne il mondo in pugno / A trattenere il vento può rattoppare un muro." Amleto, atto quinto, scena prima ... Ma stavo dicendo ... ah, si: di Stefano e me. All'epoca vi era una straordinaria vitalità ... generale, quasi che le chiavi del mondo, della storia, scivolassero di tasca in tasca in una città affollata di apprendisti demiurghi ... Certo noi eravamo solo dei ragazzi, ma era l'aria ad essere giovane, pulsante d'illusioni, ubriaca di possibilità.
Mancini - Mentre oggi?
Barucci - (brusco) Non essere ironica coi tuoi vacui, ultimi giorni di Pompei ... Era il tempo delle cantine, quello, di pittori improvvisati che inventavano un qualcosa che chiamavano teatro - dio li perdoni - quello ... Non ricordo perché ci decidemmo, io e Stefano, quella sera ... Era un periodo in cui noi si frequentava cimiteri. Si, quei piccoli cimiteri nella campagna dei paesini dal muro di cinta grigio così in contrasto col bianco dei marmi di cappelle e sepolcri affastellati nella più insulsa delle vanità ... Ce ne andavamo fuori di città in autostop, io e Stefano, fino al paese e poi a far visita a quei luoghi scorrendo nomi e date e parlavamo.
Mancini - Strano per dei ragazzi di dodici anni.
Barucci - Dici? Può essere, non ci ho mai pensato. Era il periodo, quello, ma quella sera su, nella parte vecchia, in uno scantinato che non saprei più ritrovare, entrammo per assistere ad uno spettacolo. Una cosa insulsa: clangori, luci rosse e un simbolismo becero su una fisicità da soggetto mistico per un saggio d'una scuola di monache. All'ingresso l'autore stesso ci aveva accolto, lugubre, insieme a qualche altro sparuto spettatore e per uno stretto passaggio di ripide scale ci aveva introdotto in una sala completamente avvolta di teli neri. Ci contaggiammo l'un l'altro e ridemmo d'un riso irrefrenabile e in verità molesto - non che il lavoro non lo meritasse - tanto da essere buttati fuori dall'autore. Continuammo a ridere per la strada, quasi isterici, allora ...
Mancini - Non è stato il migliore degli incontri.
Barucci - Perché? E' stato allora che sono stato toccato.
Mancini - Non capisco.
Barucci - Patrizia. Così si chiamava.
Mancini - Chi?
Barucci - Cinque, sei anni dopo. L'avevo vista per la prima volta quella mattina di settembre sulle scale del Liceo. I capelli lunghi e lisci, biondi sulle spalle. Bella. Cristo, se stavo male! C'è chi lo chiama amore - quel dolore - amore ... avevo appena trascorso tutta l'estate - scienze, figurati - a leggere il poeta.
Mancini - Quale poeta?
Barucci - Guglielmo, piccola, no? Una spossata acrobazia tra note sadicamente cacciate a fondo libro. Era lontana Patrizia. Un'Ofelia diafana e scintillante come un pesco di marzo. Lontana dalle miserie dei miei brufoli e dalla vergogna perversa delle mie masturbazioni. Continue. Incontinenti. Lontana e irraggiungibile come un raggio di sole ... Fu solo col freddo del Natale che mi feci coraggio. Ero veramente imbranato e quel mattino uggioso sul ferro freddo di quella balaustra quattro versi rapinai al poeta (recita) "O Romeo, Romeo, perché sono Romeo? Rinnego mio padre, rifiuto il suo nome, mi lego a te anche solo d'un giuramento, e non sarai più una Capuleti". Lei rise. Ma i miei occhi non ridevano. Si fece seria e mi baciò. Altro che Ofelia! In quei giorni ridisegnai la cartografia del mio pudore e m'inoltrai nella lussureggiante giungla della sessualità femminile. Patrizia. Ofelia e Circe le ringrazio entrambe.
De Angelis - Me la ricordo Patrizia. Bella. L'ho incontrata un paio d'anni fa. S'è sposata ed ha due figli, ma è sempre una bella donna.
Barucci - (a De Angelis) Fammi il favore: va' giù da Castroni a prenderne un'altra (mostra la bottiglia) Poi ti restituisco i soldi.
Mancini - Non bevi troppo?
Barucci - Sicuramente.
De Angelis - (uscendo) Non tentare di redimerlo.
Mancini - (uscito De Angelis) Sei sconcertante.
Barucci - Lo so ... Poi presi a frequentare le osterie. Non che sia diventato alcolizzato. Oddio, le mie sbronze non sono mai mancante. Ma era un sopperire all'assenza dell'assenzio: il maledetto! ... C'era un vecchio a quel tempo - cirrotico - "garibaldino" di Spagna. Mai una sbronza triste, mai sufficientemente abbrutito o violento. Il tono della voce s'alzava ad ogni bicchiere e lui invadeva con quel suo insistente toccarti ammiccante. Noi ci facevamo gioco di lui e della sua disperata ribellione, di quegli occhi rossi e increduli ad un tempo ... Lo trovai in un fosso una mattina col suo sgangherato motorino. Mi si spense d'improvviso cheto tra le braccia coprendo il tanfo col dolce caramellato della morte ...
Mancini - Quello che dici è molto interessante. Ma non riesco a capire cosa c'entri col tuo teatro.
Barucci - (arrabbiato) Cristo! Se vuoi una lezione di teoria teatrale leggiti i libri! ... (calmatosi) Per quel che servono . Io te ne do una dimostrazione. Io mi squarcio il ventre e ti mostro le mie viscere. Le mostro a te, passante distratta! ... Vieni (Sonia esita) Dai, dammi la mano. (Sonia gli da la mano) (recita)
Sarà un cielo chiaro.
S'apriranno le strade
sul colle di pini e di pietra
Il tumulto delle strade
non muterà quell'aria ferma.
I fiori spruzzati
di colori alle fontane
occhieggeranno come donne
divertite. Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.
S'aprirà sulla strada,
le pietre canteranno,
il cuore batterà sussultando
come l'acqua nelle fontane -
sarà questa la voce
che salirà le tue scale.
Le finestre sapranno
l'odore della pietra e dell'aria
mattutina. S'aprirà una porta.
Il tumulto delle strade
sarà il tumulto del cuore
nella luce smarrita.
Sarai tu - ferma e chiara.
(la voce calda e sensuale ammalia la ragazza già sedotta dall'eccentricità del personaggio e quando lui l'attira a sé non oppone resistenza lasciandosi baciare sensualmente) (la scena che segue avviene dietro la sedia a dondolo cui l'attore conduce la ragazza. Sul brano successivo la cui recitazione solo sul finire tradirà l'affanno, in contrasto scenico col testo poetico lui spoglia lei scaraventando sulla scena i suoi indumenti e quindi il cigolio del movimento ritmico del dondolo simulerà l'amplesso, a vista i soli piedi nudi di lei levati in alto oltre i braccioli laterali)
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti ... la morte ... ha uno sguardo.
Verrà la morte ... e avrà i tuoi ... occhi.
Sarà come smettere ... un vizio,
come ... vedere ... nello specchio
riemergere un viso ... morto,
come ascoltare ... un labbro ... chiuso.
Scenderemo ... nel gorgo ... muti
(il dondolio ritmico ed il cigolio proseguono per un certo periodo accompagnati dall'ansimare dei due. Poi una lunga pausa segue il culmine dell'amplesso) (lentamente Barucci riaffiora da dietro la sedia a dondolo ricomponendosi. Raccoglie a terra uno slip e lo porge alla ragazza un cui piede nudo è ancora visibile oltre il bracciolo. Nelle battute che seguono Barucci andrà recuperando gli altri indumenti passandoli alla ragazza che rimane nascosta dalla sedia a dondolo. Barucci si fruga nelle tasche dei pantaloni)
Cristo! Hai una sigaretta? (dopo un attimo evidentemente la ragazza ha fatto segno di no) Cristo! ... Sono a secco ... Senti piccola
.Mancini - Mi chiamo Sonia.
Barucci - Certo ... Sonia ... non devi credere ...
Mancini - (la ragazza compare da dietro la sedia a dondolo rivestendosi. E' tranquilla e sicura di sé) Non ti preoccupare. Non mi devi alcuna spiegazione. L'ho voluto anch'io.
Barucci - (evidentemente sollevato) E' che io non riesco a scindere ...
Mancini - E' dunque questo il teatro?
Barucci - Bhé ... non esattamente ... Almeno non la parte, ehm, meccanica.
Mancini - Amore e morte: una pulsione estrema (gli si avvicina e gli pone le braccia intorno al collo) Una contrazione di doloroso piacere (lo bacia con passione) Una penetrazione oltre i confini del prima e del poi (la mano di lei scivola lentamente lungo il corpo di lui avviandosi inequivocabilmente verso la patta dei pantaloni. Lui la blocca afferrandola per il polso)
Barucci - In teoria! ... In teoria. Il pubblico vuole il sangue ma gli attori si accontentano dei soldi. Capirai: sarà la fame atavica.
Mancini - Ma tu?
Barucci - Ma io ... Io ci provo.
Mancini - Già (lo bacia nuovamente)
Barucci - Senti, Sonia. Questa sera ho spettacolo e tra poco saranno qui gli altri della compagnia. Vorrei stare con te, ma ora non mi è proprio possibile. Facciamo così, vieni ad assistere allo spettacolo dopodiché mangiamo un boccone da qualche parte e stiamo un po' insieme. Ti va?
Mancini - Mi stai scaricando?
Barucci - Ma che dici? Dai, cerca di essere ragionevole. Non posso mica mollare tutto per stare con te.
Mancini - No. Non è questo il punto. O prima è successo qualcosa, s'è aperto qualcosa o sono stata solo io ad aprire le gambe.
Barucci - Bhè, non la mettiamo giù così brutale ...
Mancini - Cos'è, ti imbarazzi?
Barucci - Non è questo ...
Mancini - Mi hai detto, anzi dimostrato - bene, devo dire - che il teatro in realtà non è illusione.
Barucci - Ma non è neanche realtà.
Mancini - E poi? Quando è finito? Quando hai finito d'esibirti? Cos'è, raccatti le mutande ed i calzini con la foglia di fico sul tuo coso moscio?
Barucci - Senti ... mi dà fastidio una ragazza che parla come uno scaricatore di porto.
Mancini - Ti mette in crisi, eh? Com'è, non stò al mio posto?
Barucci - Il femminismo non c'entra niente. Quello che non sopporto è il mascolinismo.
Mancini - Neologismo ardito.
Barucci - Cos'è, diamo sfoggio di cultura?
Mancini - L'ochetta ha superato la scuola dell'obbligo.
.Barucci - Va bene. Basta. Finiamo di beccarci ... Non ti ho ingannato . E' che l'attore sempre un cialtrone. E non st generalizzando doti, per così dire, personali.
Mancini - (ironica) Ah, no?
Barucci - Da bambino amavo gli aquiloni. Allora non lo capivo, ma quello che mi affascinava era la loro contraddizione in termini: fatti di materia, di carta, canne e spago e immateriali ad un tempo. Ascendenti verso il cielo in virtù di quel filo ben piantato nel cuore della terra, giù nel più oscuro degli inferni ...
Mancini - E allora?
Barucci - E cos'è il teatro se non questo? E noi, gli attori, coi nostri vizi e le nostre virtù quotidiane, ne siamo la materia indispensabile e negata ... (spossato e lievemente infastidito) Allora, gioia, io ascendo, si - o almeno ci provo - dal fondo dell'inferno, ma prima e poi - bada bene: "e" poi, non "o" poi - mangio, cago e scopo quando e come posso, come ogni altro qualsiasi maschietto.
Mancini - Troppo semplice. Troppo semplice. Avevo un professore. Un professore di filosofia. In primo Liceo. Anche lui era molto abile nel costruire teoremi. Le sue erano costruzioni plausibili e improbabili ad un tempo. Ragnatele tessute a sfidare la logica e la ragione. Ragnatele . reti gettate ... Ci sono finita dentro. Nella rete. Ci sono finita a letto ... o meglio, sul tavolo del laboratorio di scienze, una mattina. Era la prima volta ... Ci son caduta dentro e quello che ricordo sono le sue mani umidicce, le gambe ruvide a premere contro le mie cosce ed il sapore di rancido della sua lingua ... Ci ho messo due anni per andare con un altro uomo.
Barucci - Io ...
Mancini - Se è per soddisfare il tuo orgoglio di maschio t'assicuro che oggi m'è piaciuto.
Barucci - Almeno ...
Mancini - Ma sei lo stesso tipo.
Barucci - ... Puoi anche aver ragione. Ma credo in quello che ti ho detto. Non t'ho detto una sola bugia.
Mancini - ... Ed io ti credo.
Barucci - Facciamo pace?
Mancini - (Non risponde e va a sedersi in prima fila in platea. Ha recuperato la borsa a tracolla con cui era arrivata)Voglio prima un'altra lezione, un'altra dimostrazione.
Barucci - Non ora. T'ho detto che c'è spettacolo ...
Mancini - Amore e morte. Un ponte gettato oltre i confini ...
Barucci - Cerca di essere ragionevole ... (Sonia ha estratto una rivoltella dalla borsa e l'ha puntata contro Barucci) Cos'è quel giocattolo?
Mancini - (esplode un colpo e Barucci sente sibilare la pallottola vicino alla sua testa) T'avverto che ho un'ottima mira. Mio padre è stato campione di pistola libera e fin da quando avevo dodici anni mi portava con sé al poligono. Se fai tanto da cercare di svignartela ti ficco una pallottola in testa.
Barucci - Su, piccola, sta' calma. Ragioniamo. Togli di mezzo quell'affare.
Mancini - Voglio una dimostrazione. Dammi una dimostrazione di quello che hai detto. Ora. Ora che potresti morire.
Barucci - Ma il teatro è verità, non realtà!
Mancini - Conto fino a dieci e poi sparo.
Barucci - Va bene. Va bene, ma sta' calma.
Mancini - Uno.
Barucci - Ho detto che va bene!
Mancini - Due.
Barucci - Cristo! Che devo fare?
Mancini - Tre. Inizia a recitare. Quattro.
Barucci - Ma cosa? Non mi ricordo niente!
Mancini - Cinque.
Barucci - Aspetta! Fammi pensare.
Mancini - Sei.
Barucci - Shakespeare? Va bene?
Mancini - Sette.
Barucci - Si, ma cosa? Cosa?!
Mancini - Otto.
Barucci - Ho trovato, ecco, aspetta.
Mancini - Nove.
Barucci - "Più in là avrebbe dovuto morire: e ci sarebbe stato tempo per una tale parola. Domani, e domani, e domani, s'insinua col suo piccolo passo, un giorno dopo l'altro, fino all'ultima sillaba del tempo segnato; e tutti i nostri ieri avranno servito a rischiarare agli stolti il loro viaggio alla polvere della morte. E spegniti corta candela! La vita non è che un'ombra in cammino; un pietoso guitto che sulla scena si pavoneggia e si sbraccia quell'ora, e dopo non se ne parla più: una favola contata d un idiota - tutto rumore e furia - che non significa nulla".
Mancini - Dieci. (preme il grilletto e il calcio scatta a vuoto)
.De Angelis - (rientrando ignaro di tutto) Accidenti! Non me lo ricordavo così lontano Castroni ... E' successo qualcosa?
Mancini - (richiudendo la borsa) Avevi ragione: ho avuto una lezione molto utile.
De Angelis - (perplesso, rivolto a Barucci) Tutto a posto? (Barucci gli fa un gesto rassicurante con la mano) E allora? (poggia la bottiglia sul proscenio. Barucci l'afferra e, stappatala, butta giù un bel sorso)
Mancini - (a De Angelis) Allora? Quel localino di cui mi hai parlato? Cos'è, non mi inviti più?
De Angelis - Figurati! Tutto quello che vuoi. Se sei pronta andiamo.
Mancini - (Prendendolo sottobraccio) Andiamo (si avviano) (sulla porta, a Barucci) Ciao, e grazie allora. (escono).
BUIO

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