martedì 27 novembre 2007

Gli orchi e il villaggio

C’era una volta un bosco.
E nel folto, più folto che c’è, tre grandi orchi vi avevan dimora.
Asdrubale, Temistocle ed Annibale.
Nel villaggio al limitare del bosco, della cosa nessuno si faceva cruccio.
Asdrubale, Temistocle ed Annibale erano infatti degli orchi proprio a modo e, senza stravaganze né sorprese, nelle loro attività, si attenevano alle attese.
Come ognuno, infatti, si aspetta, senza fallo e quasi di fretta,
coi bambini sperduti nel bosco, cucinavano un tenero arrosto.
Nessuno della cosa si faceva cruccio, nel villaggio al limitare del bosco.
Dei bimbi,
molti prendevan del bosco la via, in specie nei tempi di carestia.
Porta la merenda alla nonnina – diceva la mammina alla piccola bambina – e, per fare ancora più in fretta, prendi la strada del bosco più stretta.
E non dimenticare la mantella – quella rossa, proprio quella – in modo che lontano ti si noti e di te si dican lodi.
Va’ coi fratelli a raccoglier la legna – diceva il papà al più piccino – Va’ dove il folto è più folto che c’è, lì c’è più legna già pronta per te.
Ma venne il giorno che in questo villaggio, giunse Bernardo con il suo paggio.
Cavaliere egli era, e assai valente, di spirito indomito e di coraggio ardente.
Prese dimora nella locanda e all’oste fece questa domanda:
Io per il mondo raddrizzo torti ed ora qui sono a caccia di orchi.
Mi è stato detto nella casa del re, che qua ne posso trovare ben tre.
Tu sei del posto e rispondimi allora, dove si trova la loro dimora?
Io son del posto – rispose l’oste – ma è meglio che altri ti dian le risposte.
Così risposto si dileguò e col borgomastro, dopo, tornò.
Mio caro e valente cavaliere, io non voglio insegnarle il mestiere – disse a Ser Bernardo il borgomastro – Ma in brevi parole ti voglio spiegare, perché questi tre orchi qui possono stare.
Certo, son brutti e malevoli assai, e di pietà non ne mostrano mai.
Ma questo è quello che orchi li fa e non c’è cosa che li cambierà.
La loro fama, che ha varcato i confini, da questa terra allontana i vicini.
I frutti dei campi ed ogni altra ricchezza così son sicuri come nella fortezza.
Certo, di bimbi da fare a fette, solo quest’anno ne han presi già sette.
Ma una mercede bisogna pagare, se senza affanni si vuole campare.
Senza alcun dubbio sarebbe più bello, se non finisse arrosto il monello.
Ma nessuno è disposto a pietire, se dalla cosa dovesse patire.
Ecco spiegato perché, coi difetti, il villaggio quest’orchi li accetti.
Ora riprendi la spada e il tuo paggio, e senza lotta abbandona il villaggio.
Bernado, un poco interdetto, senza parole uscì da quel tetto.
Con la sua spada e con il suo paggio, presa la strada, se ne andò dal villaggio.
Ma rispondendo al proprio pensiero, proprio del bosco prese il sentiero.
Quando fu nel folto più folto che c’è, a grande voce chiamò proprio i tre.
Asdrubale, Temistocle ed Annibale si chiesero chi fosse che si volesse male.
Sono Bernardo, cavaliere cacciatore e di orrendi orchi gran sterminatore.
Asdrubale sarei, ma orrendo ci sarai.
Messere mio sbruffone, Temistocle è il mio nome,
Annibale ti sta’ invitando a tavola, mia cara carne in scatola.
Signori, fraintendete l’intenzione, non ho voglia di battermi in tenzone.
Nel villaggio ho scoperto casualmente quanti mostri se ne stanno tra le gente.
Mentre voi lo dichiarate apertamente, quelli provano a mostrarsi brava gente.
Lascio stare gli onest’orchi per la via, e la caccia ora do all’ipocrisia.
Ma una cosa voglio darvi con il cuore e di usarla poi vi chiedo per favore.
La ricetta di un brasato sopraffino, che ogni carne rende simile a bambino.
Ma se proprio devo dire quel che è, di borgomastro superiore non ce n’è.

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