martedì 27 novembre 2007

Cineserie

(1993)

Distolse i suoi occhi a mandorla dalle mandorle del suo pollo alle mandorle.
Alla vista di quella sorta di nuovo ideogramma, che nel gergo instauratosi tra lui e la padrona avrebbe potuto tradursi in un “mamma li tulchi!”, ebbe un singulto accelerando il proprio processo di liquefazione sudorifera.
Col suo faccione un po’ più giallo per un principio di attacco itterico, rimestò sconsolato il pentolone del suo onesto brodo originario.
Cosa avrebbe pensato il sommo Khal Nha Chin, se mai fosse capitato il quel locale in terra straniera, di quella zuppa poco agre e molto piccante che, in luogo del regolamentare marroncino-salsa di soia, presentava un sontuoso rosso pompeiano?
- *!?@!! #@@*?! (traduzione: Come salebbe!! Ancola più piccante?!)
- ç&%@##@*[]£<@# (traduzione: Il cliente ha semple lagione)
Il grosso chiese le bacchette, mentre il rapace ticchettava gli artigli sulla tastiera del telefono. Il papesso diede la stura alla madre di tutte le bottiglie, mentre lo smilzo, scuotendo la testa, attese.
Tutto normale, insomma … o quasi … In realtà sembrava che ognuno prolungasse i tempi di quella sorta di incombenze, come a rinviare l’incombente.
- Ragazzi, voi soli mi potete capire.
L’attacco in un sospiro dello smilzo provocò un generale smottamento: era l’inizio della fine. Per la quarta volta la cronaca particolareggiata – con tanto di note a fondo pagina – si riversò, come “la cosa da un altro mondo” sulla tavola, travolgendo i tovaglioli/cappellini ed impiastrando di caramello alghe e nuvolette.
Questa cosa, in particolare, causò la reazione stizzita del grosso che, come era noto, detestava il dolce, quantomeno sul sapore del granchio.
Il papesso si concesse un triviale commento iniziatico, mentre il rapace tentò la fuga telefonica.
Il sorriso cinico e baro del cammeliele interruppe la saga ugro-finnica.
Essa era lì, nei suoi languidi calori, nei suoi purpurei, reconditi recessi, in tutto il suo passionale ardore.
Il rapace si rizzò ai primi contatti levitando appena, il papesso inghiottendo fu inghiottito e nel ventre del tempo profanò il ventre sacro di Estia, il grosso prese a sollevare la candida sottana sotto l’azzurra veste d’una fanciulla che blaterava d’un quarto segreto. Poi, tra volute violacee e lancinanti lampi, dal rosso mare ribollente primigenio, dall’abisso, si levò ritto e possente un corno e al corno venne unito il cervide e questi sbuffando prese a nuotare in cerca delle sacre rive. E il cervide parve mutarsi in capro e il capro in satiro e il satiro armato minacciava.
Oh Palinka, Palinka, perché sei tu una Palinka?
- Guardati dai fratelli che ai figli ci penso io! – disse Leonardo sorgendo a oriente dalla broda, per poi riaffondarvi gorgogliando.
Chiazze di bianco presero ad affiorare e in esse si agitavano, come colombe dal disio chiamate, viscidi naufraghi cantanti:
- Noi siam le polluzioni / polluzioni da contatto.
Quando presero a galleggiare profilattici asinini fu troppo anche per loro.
Presero lo smilzo e, di peso, lo portarono in una cabina telefonica. Gli fornirono cinque tessere della Telecom ed una mela caramellata quale genere di conforto.
Gli promisero, inoltre, endovenose di sakè e pere di grappa alle rose.
Non si sarebbero impietositi: ne andava della loro zuppa!

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