martedì 27 novembre 2007

Gli occhi della strega

C’era una volta una strega che si chiamava Abelarda.
Ossequiosa dei dettami della sua congrega, e in acconcio con quel nome che le era toccato in sorte, era così impudicamente brutta che bastava - ed le era pure d’avanzo - la mera sua presenza a garantirle gli effetti del suo tenebroso ufficio.
Senza l’ausilio degli esiziali filtri del mestiere e delle arcane cantilene delle sue sorelle, bastava la sua sola vista a inaridire il seno delle madri, a inacidire il vino negli stessi tini, a disseccare interi, rigogliosi campi di verzura.
Abelarda, la strega che c’era una volta, aveva però un bizzarro cruccio:
Tanto avrebbe desiderato poter essere bella.
E un giorno, rimestando nel paiolo:
uova di drago,
lingua di rospo,
fegato di topo,
unghia di ramarro
cuore d’impiccato - fresco di giornata -,
sangue di neonato - appena versato -
e sale grosso q.b. (quanto basta)
trovò la soluzione.
Se bella non poteva divenire, bella aveva da apparire.
E quella notte, per intero, versò la sua pozione, nella fonte che levava la sete alla regione.
A quell’acqua dissetati - uomini, animali e campi - d’ora in avanti, con gli occhi di Abelarda avrebbero guardato.
E da quel giorno, in quel tempo lontano, ciò ch’era bello non venne più amato.
Il brutto, il ritorto, quel ch’era sgraziato, divenne l’oggetto di ogni mercato.
Le giovani donne si facevan megere.
I giovani aitanti si mostravano stanchi.
Ogni bellezza veniva nascosta per degni apparire a quegli occhi di strega.
Abelarda, la strega di quel tempo che fu, non era però troppo contenta.
Certo, ora il suo passaggio suscitava motti e commenti di grande approvazione.
Ma era il lavoro che le era divenuto difficile assai.
Non bastavano filtri, intrugli e malie a soverchiare in uomini, animali e campi, gli effetti benefici del suo nuovo apparire.
E un giorno, rimestando nel paiolo:
uova di pavone,
lingua di manzo,
fegato d’oca,
cipolla ben tritata
pane croccante - fresco di giornata -,
vino bianco secco - appena spillato -
e sale fino q.b. (quanto basta)
- … che volete, non c’erano più i filtri di una volta -
trovò la soluzione.
Se bella non poteva più apparire, doveva dalla vista scomparire.
E un’altra notte, per intero, versò la sua pozione, nella fonte che levava la sete alla regione.
A quell’acqua dissetati, d’ora in avanti, uomini, animali e campi i loro occhi avrebbero ripreso.
Ma l’Abelarda non avrebbero più inteso.
E fu così che il bello tornò bello e il brutto brutto.
E dell’Abelarda non vi fu più l’apparizione.
Ma c’è chi è certo che la strega sia ben desta e si diverta con la sua malia versando ogni tanto una pozione in quella fonte che leva la sete a tutta la regione.

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