mercoledì 28 novembre 2007

Parole in libera uscita e lavoratori sequestrati

Vorremmo conoscere la “fonte” che fa affermare al ministro Damiano che il 40% dei lavoratori dipendenti del settore privato sia finito nella cosiddetta previdenza integrativa, cioè i fondi pensione.
Vorremmo conoscerla perché il meccanismo perverso del silenzio/assenso messo in piedi dal suo predecessore e dal suo ministero è tale per cui occorrerà ben più di qualche giorno per far sì che i singoli datori di lavoro (anche quelli delle microimprese fino a tre dipendenti) - cioè gli unici che sappiano cosa hanno fatto o non fatto i rispettivi dipendenti - si attivino con gli atti conseguenti a queste scelte.
Vorremmo saperlo perché, a giudicare dalle giaculatorie e dalle lamentazioni di questi giorni di gestori, responsabili, esegeti, mentori e chierici dei fondi pensione (cioè di coloro che sanno quanti lavoratori si sono effettivamente iscritti in questi sei mesi) le cifre – quelle vere – dovrebbero essere ben diverse da quelle “sparate” dal ministro e molto lontane dal pur mediocre obiettivo (40%) che lo stesso Damiano si era dato con prudente preveggenza all’avvio della campagna.
Certo, in questi tempi in cui il significato delle parole e il peso dei fatti perdono costantemente di senso, il ministro ha giocato l’effetto “annuncio” contando sulla niente affatto peregrina ipotesi che nessuno si prenderà, domani, dati alla mano, la briga e la fatica di smentirlo.
Comunque, appare del tutto evidente come, pur nell’agiografica rappresentazione della realtà di Damiano, il dato che emergerebbe con forza avrebbe del clamoroso.
Il 60% dei lavoratori privati italiani, cioè sei lavoratori su dieci – fossero della grande impresa o unici dipendenti della bottega all’angolo – si sono informati, si sono procurati il modulo ministeriale, sono riusciti ad interpretarlo e hanno scelto – è il caso di ripeterlo – SCELTO di non voler sentire parlare di fondi pensione.
Al contrario, se fosse vera la quota che decanta Damiano, non sarebbe affatto esatto affermare che quei quattro lavoratori su dieci hanno deciso di aderire ai fondi.
Questo perché quella percentuale sarebbe drogata dall’imbroglio del silenzio/assenso.
Come lamentano gli stessi fondi è minima, irrisoria, la percentuale di lavoratori che hanno effettivamente “scelto” di aderire ai fondi. Nei fondi sono finiti anche i lavoratori che per ignoranza, confusione, cattiva informazione (cui ha contribuito in maniera vergognosa la “non-informazione” del ministero di Damiano) sono rimasti impigliati nella trappola del silenzio/assenso.
E in realtà – a differenza di quel che avviene normalmente nelle adesioni ai fondi – in larga misura questi sono i lavoratori più deboli, con rapporti di lavoro meno solidi, con i redditi più bassi.
Cioè proprio coloro che della liquidazione non possono proprio fare a meno per campare tra un lavoro e l’altro.
Quello che avrebbe realizzato la truffa del silenzio/assenso – cioè quello per cui dichiara la propria soddisfazione il ministro Damiano – sarebbe un mercato dei fondi pensione “pompato” con gli estrogeni dell’imbroglio, che mina il benessere del corpo sociale costituendo le condizioni di nuove, virulente, sofferenze sociali.
Certamente la prima cosa da fare sarà pretendere la “liberazione” di questi lavoratori, intrappolati nei FPF (Fondi Pensione Forzati).

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