martedì 27 novembre 2007

Arty fiction

(1994)

Do fa mi fa do / do fa mi fa la do
Acido e sabbioso il velo della pioggerella s’infittisce sull’acciaio corroso dell’antico paracarri sciabolato da fari frettolosi.
Intabarrato nella sua mantella, se ne sta ritto, come in equilibrio, sul punto di tensione estrema della parabola, tra il morbido piegarsi alla ragione dello scartamento e l’estasi utopica di una tangenza ribelle.
(O, forse, è solo preda dell’infinito, naufrago amnemonico, pustulato d’ulcerosa eternità?).
Do fa mi fa do / do fa mi fa la do
Ma è li, e attonito rodente, precipita negli occhi irridenti della bestia. Tralicci d’acciaio, si leva stupratrice dall’abisso, come un fallo meccanico. Videocefalo monoculo cincinna il ciglio cimmerio e ciofo di cincinni cinabresi – sangue rappreso e non ancora secco …
Ma occhieggia e illanguidisce i sensi, occhieggia e la sua yatagàn fluorescende in fendenti, occhieggia, hydra a una testa e centomila volti, occhieggia …
Do fa mi fa do / do fa mi fa la do
Labbra sottili, serpeggia bifido un sorriso e ingoia.
Dov’è quel Giorgio gabolaro d’angli col suo artrosico rosicato? Basterebbe lo spettro di quel brando a disperdere in diarroica rotta le truppe cammellate dei petenti dai tronfi ventri/cornamusa. Basterebbe lo specchio ad inghiottire l’ombra …
Ma la macchina delle lusinghe sbava, aracnea, marmorei merletti di Granata, e la melassa cola a pasticciare l’ali … Fuori dal dedalo, Dedalo ubriaco, fuori di Dedalo che la Bestia incalza!
Do fa mi fa do / do fa mi fa la do
Ed ecco finalmente i cavalieri (ah, poco litici, ahimé!) e il Gran Maestro dell’illusione chiama a raccolta i ciompi e i ciotti in cioppa e ciottone lì li ciotta.
Eccolo ritto in cappamagna dar cappellacci alle cappellone – figlie della carità pelosa – e per caposaldo piombare, capovaccaio, sui cappelletti dalmati dalle frogie frementi d’un Doge avido sol del diritto di cappa.
Oh! Giù. Giù, vele di cappa, ciurma! Navigare alla cappa tocca, e affidare la sorte al fortunale sperando che non sanguino i frinzelli alle bandiere.
Do fa mi fa do / do fa mi fa la do
Intabarrato nella sua mantella, se ne sta ritto, come in equilibrio … e il baratro è incombente … e morbida la guida centrifuga il cervello su rotte concludenti …
Ma guizza pazzo il lazzo e il verna scuote, ecco, l’attira la vertiginosa tangente …
Ribelle al buonsenso – sempre ignominioso - innalza il pappafico, flying dutchman,e lancia i dadi truccati della sua disfida.
Veleggerà la notte tra i mostri lampanai della ragionevolezza, tra la sostanza cartapestiale della realtà e a nappa seguirà l’afrore della verace utopia.
Do do do re mi do

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