mercoledì 28 novembre 2007

per una vera banca del tempo

La ricchezza, il benessere di una comunità umana sono determinati dalla capacità con cui quella stessa comunità riesce a soddisfare i bisogni, materiali o immateriali non importa, degli individui che la compongono.
Quello che ci hanno indotto a credere è che a fondamento di questa ricchezza e di questo benessere ci fosse il denaro e cioè l’espediente con cui si è usi misurare il valore delle cose in funzione del loro acquisto e della loro vendita o del loro scambio.
Ci hanno fatto credere che la ricchezza o il benessere fossero direttamente proporzionali alla capacità di disputate agli altri il possesso o l’uso dei beni materiali o immateriali necessari (o supposti tali) al soddisfacimento dei nostri bisogni. In parole povere, alla quantità di denaro di cui si dispone.
Non è così, o meglio, le cose non stanno realmente così.
Un malato non si cura con il denaro, ma con il lavoro dei medici, degli infermieri, degli inservienti che operano in un ospedale che dei tecnici hanno progettato e degli operai hanno costruito. Si cura con le medicine che dei ricercatori hanno sintetizzato in laboratori che qualcuno ha progettato e costruito e che sono state prodotte da operai e impiegati in fabbriche che a loro volta qualcuno ha progettato e costruito. E a loro volta tutti costoro godono per il loro lavoro della ricchezza e del benessere che altri uomini e donne producono con il loro lavoro.
Nella sostanza ogni ricchezza, ogni benessere sono il frutto del lavoro di uomini e donne, comunque organizzato e programmato, e non dello strumento con cui convenzionalmente si assegna un valore a questo lavoro e al suo prodotto.
Gli speculatori, coloro che, senza il lavoro, producono soldi da soldi, non fanno altro che rapinare la ricchezza e il benessere prodotto dal lavoro di qualcun altro.
L’odierna società di mercato globalizzata e iper-liberista si fonda sull’assioma che tutto, dall’acqua all’uomo sia merce, che l’unica trama delle relazioni umane sia composta dall’interesse e dal profitto.
Non è così: l’intera storia dell’uomo e le dinamiche socio-economiche di ogni comunità che non abbia totalmente abdicato, sull’altare del mercato, alla propria identità, ci raccontano di trame ed orditi sociali e culturali più ricchi e complessi.
Infatti nessuno, neanche nel più povero dei paesi della terra, vive, come ci dicono, con un dollaro al giorno.
Quel dollaro è il frutto di una menzogna: il PIL (prodotto interno lordo) ovvero del calcolo dei prodotti acquistati o venduti sul mercato. Ma nelle comunità, in ogni comunità vi è, in misura maggiore o minore, una quota di ricchezza reale prodotta dai suoi componenti in maniera informale (e cioè al di fuori dei meccanismi formalizzati del mercato), non per essere venduta o acquistata ma per assolvere al proprio ruolo all’interno di un’istituzione socio-economica non mercantile (per fare degli esempi possiamo partire dalle cure parentali all’interno delle famiglie di tutto il mondo per giungere alle reti neo-claniche che, nelle periferie più degradate del sud del mondo, giungono alla vera e propria produzione di beni seriali per la comunità).

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