mercoledì 28 novembre 2007

Attenti al TFR

di Severo Lutrario e Fabrizio Valli
pubblicato da Il Manifesto il 10 settembre 2004

Nel mese di Settembre si svolgerà l'incontro fra governo e parti sociali sulla riforma delle pensioni. Tra i numerosi aspetti negativi di questa controriforma volgiamo metterne in evidenza uno di cui si parla poco sui grandi media ma di cruciale importanza per il futuro di lavoratrici e lavoratori: Il meccanismo del silenzio assenso per il conferimento del Tfr, il trattamento di fine rapporto, ai Fondi Pensione. Questo trasferimento, come del resto lo stesso ricorso ai Fondi Pensione, viene giustificato con la tesi secondo la quale nel lungo periodo i rendimenti dei mercati finanziari dovrebbero essere tali da compensare la riduzione della pensione pubblica. Questa tesi, però, non è sostenuta da nessun tipo di prova, anzi, come si può evincere da un'analisi condotta da ricercatori dell'università della California i mercati azionari dei diversi paesi, tra il 1921 ed il 1996, nel 50% dei casi, hanno offerto rendimenti reali, al netto dei dividendi, inferiori allo 0,8%. I Fondi Pensione italiani nel triennio 2000 - 2002, hanno avuto un rendimento medio prossimo allo 0%, contro un 14% offerto dal Tfr.
Del resto, sostenere che il mercato azionario nel lungo periodo offra rendimenti reali superiori non avrebbe in ogni caso senso a riguardo della previdenza, trattandosi di andamenti sottoposti a forti oscillazioni, e se il momento di entrata nello stato pensionistico avviene dopo una fase di discesa dei prezzi, si rischia di veder compromessa seriamente la propria rendita pensionistica. Con questa operazione, inoltre, si sottrae ai lavoratori quella parte del salario - il Tfr appunto - accantonato per garantire la disponibilità di una somma nei periodi tra la perdita di un lavoro e una successiva occupazione, perdita importante vista l'assenza di adeguati sostegni economici ai disoccupati e l'aumento della mobilità e della precarietà nel lavoro imposte con la legge 30. I lavoratori vengono privati di una somma certa, la cui rivalutazione è collegata all'inflazione, per far decollare con gli esiti incerti e rischiosi propri dei mercati finanziari, la previdenza privata.
Senza contare che per le imprese, la perdita del Tfr non potrà che essere giustificata solo a fronte di adeguati rimborsi e, se pare saltata l'originale proposta di decontribuzione che avrebbe impoverito ulteriormente i bilanci dell'Inps, quali che siano le ipotesi alternative che si possono fare è certo che uno sgravio per le imprese rappresenterà un ulteriore aggravio per i bilanci pubblici ed un'ulteriore manovra di trasferimento dai redditi da lavoro al capitale. Come d'altronde su tutti e tutte gravano le defiscalizzazioni, che significano meno risorse per lo stato sociale. Vi è inoltre il rischio che, per fare decollare i fondi pensione, si spostino su questi, tramite il meccanismo con il quale il datore di lavoro conferisce al fondo una quota pari a quella che conferisce il lavoratore, risorse che la contrattazione collettiva potrebbe indirizzare ad altre parti del salario.
E' necessario quindi che si operi immediatamente per sventare il pericolo che incombe sul futuro di lavoratrici e lavoratori, in particolare donne e giovani, di trovarsi in futuro con pensioni da fame. Perché il futuro di lavoratori e lavoratrici non può essere giocato alla roulette dei mercati finanziari.
Chiediamo quindi alle Associazioni Sindacali che partecipano a tale confronto di porre con forza la necessità di una pensione pubblica che garantisca il livello di vita precedente e di opporsi con forza allo scippo del Tfr a vantaggio dei Fondi Pensione e dei gruppi finanziari che concretamente li gestiscono.

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