martedì 27 novembre 2007

La fonte e il drago

C’era una volta una fonte d’acqua fresca e cristallina.
Il contado vi si recava da mattina a sera per dissetar la sete di uomini ed armenti.
Quell’acqua era buona, ma se ne usciva in un solo zampillo, lasciando nell’attesa una costaste folla.
Certo – diceva quell’uno a quell’altro nella fila – sarebbe una gran cosa trovar la soluzione a questo nostro imbroglio. Aver tolta la sete senza scontar l’attesa!
Anche il barone, dall’alto del maniero, mostrava insofferenza per quel costante impiccio.
Non che gli fosse mai toccato, di rimanere in fila.
Due calci nelle terga di quel vile contado, già erano d’avanzo per liberar la strada sino alla fonte.
Ma gli stivali dei suoi sgherri si consumavano in fretta a causa di una simile bisogna.
E se ogni gioco è bello, lo è fin tanto che non si trasformi in noia.
E fu così che nel castello alto, questo barone, pensa e ripensa, trovò la soluzione.
Prese il bianco destriero e, montatogli in groppa, si mise in cammino verso i monti.
E cammina, cammina, giunse infine al grande bosco oscuro.
E cammina, cammina, uscì dal grande bosco oscuro.
(Nel bosco oscuro non successe nulla, ma la citazione è per la precisione del racconto).
E cammina, cammina arrivò alla caverna del drago.
Scese di cavallo e piantati gli stivali nella terrà, chiamò a gran voce.
Filoteo!

(Poi ci si domanda perché un drago sia di pessimo carattere)

Filoteo! Grande drago sputafuoco, vieni fuori!
Va bhé, ho la digestione pesante, ma non mi sembra il caso d’offendere – borbottò una voce cavernosa nella caverna.
Sono il barone, signore e padrone delle terre oltre il bosco oscuro. Sono qui per farti una proposta.
Un grande muso verde squamoso con due occhi rosso fuoco, comparve all’ingresso della caverna.
E sarebbe? – chiese la voce cavernosa dall’ingresso della caverna.
Poniti a guardia della fonte, nella baronia.
Uno alla volta chiama i villici al prelievo e brucia le terga a chi senza invito s’accosta.
Il drago Filoteo storse la bocca.
Dell’acqua non sono estimatore.
Mal si concilia con la mia natura.
La troppa vicinanza mi danneggia l’ossa e spegne l’ardore alla mia gola.
Quel che proponi mi pesa forte assai. Con che bilanci il piatto?
Chiedi il balzello ad ogni postulante. Del ricavato, poi, faremo a mezzi.
E fu così che fu siglato il patto.
Presso la fonte Filoteo, il drago, prese posizione e senza intoppi ai villici insegnò l’educazione.
Alto, sul torrione, felice stava il Barone, vedendo il campo libero pei suoi assetati passi.
Ma quando alla fonte l’accostò, l’impertinente drago lo scottò.
Che fai, drago del malanno?! – gridò infuriato
Caro barone – rispose Filoteo – Io stò solo al patto.
E a me bruci le terga?
Certo barone, a te nessun invito ho fatto.
Il barone fremeva già d’indignazione, ma se la sete era tanta, tanto era anche il dragone.
E non m’inviti?
Certamente, ma c’è da versare, tosto, quel balzello.
E sarebbe?
Per te, barone, solo la parte che a te hai riservato del guiderdone dai villici pagato.
E fu così che da quel giorno in poi, quella fonte ebbe il drago per padrone.
Ma la colpa fu tutta dello stupido barone che, per la propria astronomica arroganza, aveva dato al drago l’occasione, di avere felice e totale compimento del suo vero e dichiarato sentimento.

Nessun commento: