domenica 2 dicembre 2007

Emerald - Capitolo 4

Arthur perdette ancora quasi un’ora standard per completare le procedure doganali.
Quando, finalmente, uscì dal terminal passeggeri dell’astroporto, nel piccolo, anonimo piazzale, non c’era più nessuno.
Si guardò intorno, inquieto, chiedendosi che fare, quando:
- Finalmente, signor Temple. – il piccolo signor Ciang lo sorprese sbucando alle sue spalle – Ce ne avete messo del tempo!
- Oh, è lei! – esclamò Arthur - Come mai ancora qui?
- Un semplice dovere di cortesia – rispose l’altro con un lieve inchino – Non vedendola ho capito che avrebbe perso la navetta per l’albergo e, considerato che, per lei, questo è il primo viaggio sul pianeta, ho deciso di attenderla, per accompagnarla all’Emerald’s Door, l’albergo degli ospiti.
- Davvero molto gentile – disse Arthur, sinceramente sollevato – Spero che la cosa non le sia di troppo disturbo.
- Si figuri – lo rassicurò il signor Ciang – E’ anche il mio recapito, quando sono a Emerald City – e chinandosi verso Arthur, con un mezzo sorriso complice, aggiunse – Non che del resto ci siano alternative.
- Come? – scherzò Arthur – mi sembra di sentire dalle sue labbra una sorta di critica alla Mines & Stars!
- Il lavoro è il lavoro, signor Temple. Ma diciamo che, potendo scegliere, conosco destinazioni decisamente più gradevoli. Vogliamo andare? L’albergo è a poche centinaia di metri e, nell’attesa, mi sono permesso di farci precedere con la navetta dai bagagli.
- Faccia strada – rispose Arthur e s’avviarono.
Uraneo, in un fulgore verde smeraldo, s’avviava al tramonto.
I due camminavano tranquilli, in un largo viale che correva tra due teorie di edifici tozzi e squadrati d’un grigioverde sporco.
Non c’era nessuno sulla strada e gli edifici, sbarrati e senza luci, sembravano disabitati.
- Sono uffici – spiegò il signor Ciang – Dopo l’orario di chiusura, da queste parti passano solo i mezzi della sorveglianza.
Arthur assentì con la testa, mostrando di aver capito, ma si sentiva a disagio.
Come aveva detto il signor Ciang, dopo poche centinaia di metri, la luce del monogramma della Mines & Stars, su una vetrata polarizzata, annunciò il loro arrivo all’Emerald’s Door.
L’edificio, dall’esterno, era del tutto simile agli altri della zona e, quando varcarono la soglia, si ritrovarono in un vasto atrio anonimo e spartano.
Alla reception li accolse una donna attempata dall’aria scialba che, salutato come una vecchia conoscenza il signor Ciang, ebbe un guizzo di curiosità all’indirizzo di Arthur.
- Lei deve essere il signor Arthur Temple. – disse – Abbiamo avuto l’avviso del suo arrivo dallo spazioporto. Ho fatto portare i suoi bagagli nella stanza. La 228 – e gli porse la tessera magnetica - Mi auguro che si possa trovare bene sul nostro pianeta. Per lei, signor Ciang, abbiamo la solita camera, la 128.
- Salve Annie – fece il signor Ciang, prendendo la scheda magnetica della sua camera – Ti trovo in forma. Ma non eri in scadenza di contratto?
- Ho sottoscritto un’altra cinquina – rispose la donna con un mezzo sorriso sulle labbra – Del resto, ormai, non saprei dove andare. Questa è la mia vita – Concluse con un’alzata di spalle.
- E la Compagnia è una grande famiglia – aggiunse il signor Ciang.
- Che lei sappia – chiese Arthur alla donna, cogliendo l’occasione al volo per avere qualche notizia – un certo Jhob Crhistiansen, ha alloggiato qui?
- Il professore? Ma certo. – rispose la donna – Un uomo così simpatico e una così brava persona! Una tremenda disgrazia! Lo conosceva?
- Sono suo amico. Sono qui praticamente su suo invito – rispose Arthur – Ma perché parla di disgrazia? Allo spazioporto mi hanno detto che non si hanno notizie, non che sia avvenuta una disgrazia.
La donna parve confusa e quasi balbettò:
- Ma un viaggio nell’Aither … e con una carretta …
Il signor Ciang s’intromise con discrezione:
- Quel che Annie ha voluto dire, se interpreto bene il senso delle vostre parole, è che è estremamente probabile che la ragione della mancanza di notizie del suo amico, sia da attribuire a qualche incidente. I luoghi e le condizioni climatiche dell’Aither possono solo avvalorare questa ipotesi. Naturalmente, c’è da augurarsi un’altra e meno traumatica ipotesi. Comunque, – aggiunse premuroso, con l’ennesimo, breve inchino – se in questa circostanza posso esserle d’aiuto, signor Temple, io sono a sua disposizione.
Arthur lo ringraziò e tornò ad interrogare la donna:
- Ricorda qualcosa, un particolare qualsiasi, di quando è partito per quel viaggio.
- Non so – rispose la donna – Sono passati diversi mesi. Non era la prima volta che il signor Crhistiansen partiva con quel Berensky. No, non mi sembra che sia successo qualcosa di particolare … Ricordo che, nell’uscire, mi avvertì che sarebbe rimasto fuori diversi giorni … nient’altro. Mi dispiace.
- E’ possibile vedere la sua stanza? – chiese ancora Arthur.
- Dopo tutti questi mesi? – fece la donna, sinceramente stupita – Ma è stata liberata qualche settimana dopo la scomparsa – e quasi a scusarsi con Arthur – Sono le procedure standard della Compagnia.
- Certamente, Annie, è ovvio – si intromise nuovamente il signor Ciang - Ma gli effetti personali dell’amico del signore – chiese – saranno pur stati trattenuti?
- Oh, certo, sono conservati qui, dietro la reception – rispose prontamente la donna, come a sottolineare l’irreprensibilità del servizio.
Il signor Ciang guardò sorridendo Arthur:
- Desidera dar loro un’occhiata?
- Ve ne sarei davvero grato.
- Annie, crede che potremmo usare questa cortesia al signor Temple?
- Se ne assume lei la responsabilità? – chiese la donna, appena tentennante.
- Naturalmente – rispose l’uomo.
La donna, rassicurata, attraversò una porta che si apriva dietro la reception, per ricomparire poco dopo con un contenitore plastico di non grandi dimensioni, che depose sul banco. Prelevò dalla rastrelliera alla sua destra una chiave magnetica e la porse al signor Ciang, che la prese con un lieve inchino.
Sistemarono il contenitore su un basso tavolino della sala, al momento completamente deserta, e il signor Ciang fece scattare la serratura.
Arthur iniziò ad esaminare il contenuto, mentre il signor Ciang si teneva in disparte, con discrezione.
A parte alcuni indumenti ed oggetti di uso comune, vi era ben poco.
Evidentemente Jhob si era portato computer e memorie dietro, nella spedizione.
Oltre ad una storia di Emerald su supporto elettronico del Centro Studi Emeraldiani della Mines & Stars Co., c’erano solo alcuni oggetti, inusitati e inusuali per i più, ma non per l’amico, come ben sapeva Arthur.
Erano le copie anastatiche, realizzate su indistruttibile sintocarta, di alcune pagine di libri, la cui stampa doveva risalire ad almeno tre secoli prima.
C’era una ricostruzione delle rapsodie orfiche operata dal Lobeck, sulla base del racconto di Damascio, un neoplatonico del VI secolo avanti cristo.
E un frammento di Pausania riferito a Onomacrito, ovvero a colui cui è attribuita l’introduzione dei misteri orfici in Atene, al tempo di Pisistrato.
Vi era, infine, il Pentemuchos di Ferecide di Siro.
Quello non era il settore di competenza di Arthur, specializzato in civiltà andine precolombiane, ma ne sapeva abbastanza per esserne ancora più sconcertato.
Perché l’amico s’era portato in quel viaggio, a Emerald, quelle preziose copie, che sarebbero state certamente più al sicuro nei suoi uffici, all’università, su New Yale?
A cosa gli servivano quei testi, che ricostruivano le diverse cosmogonie orfiche ed i miti fondativi di quella religione misterica sorta, cresciuta ed estintasi da quasi due millenni, a 34 parsec di distanza da Emerald?
- Ha trovato qualcosa? – chiese discretamente il signor Ciang alle sue spalle.
- Non so … Sinceramente non capisco – rispose Arthur
- Se non sono indiscreto – insistette, sommessamente l’altro – Cosa sono quelli?
- Riproduzioni di documenti. Jhob è specializzato in alcuni settori della Grecia classica, sulla Terra. E’ materiale di lavoro – si tenne sul generico Arthur.
- E che ci fa con quel materiale su Emerald?
- E’ quel che vorrei capire – rispose Arthur – Vorrei esaminarli con calma, se possibile.
- Credo di poter convincere Annie – fece il signor Ciang sorridendo – A patto che mi tenga informato delle sue scoperte. Qualche piccolo mistero è quel che ci vuole, per ravvivare la grigia vita di un povero ispettore.
- E’ stato così gentile, che non potrei rifiutarle nulla – rispose Arthur, a tono con l’interlocutore.
Annie si lasciò convincere abbastanza facilmente e Arthur si avviò all’ascensore con in mano i preziosi documenti e, in aggiunta, la Storia del pianeta, cui contava di gettare prima o poi un’occhiata.
Il signor Ciang scese al primo piano:
- Ceniamo insieme, signor Temple?
-Perché no? - rispose Arthur – Ma vorrei dare un’occhiata alla città. Conosce qualche buon posto dove mangiare?
- Buon posto? – il signor Ciang parve preso alla sprovvista – Buono su Emerald mi sembra una parola impegnativa … Ma qualche posto decente penso di poterlo individuare. Ci vediamo all’ingresso tra un’ora?
- Va bene, tra un’ora.

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