domenica 2 dicembre 2007

Emerald - Capitolo 36

Comparve una donna, giovane, forse di trentacinque anni, dai capelli chiari raccolti dietro la testa.
Il volto era scavato e segnato da due profonde occhiaie.
Gli occhi erano lucidi, febbricitanti.
Era magra e stava seduta su un sedile identico a quelli che adesso occupavano i suoi spettatori.
Dietro la sua spalla sinistra, in piedi, c’era un uomo alto e magro, dai folti capelli chiari spettinati.
Il volto, spigoloso, era incorniciato da una rada barba ben curata.
Dimostrava forse quaranta anni.
Aveva un naso aquilino e due occhi chiari, inquieti.
Entrambi indossavano delle tute da lavoro, identiche.
L’uomo posò la sua mano destra sulla spalla sinistra della donna.
- Sono Maria Allison, biologa, direttrice del progetto “Emerald”, del Dipartimento di Scienze Naturali della Confederazioni dei Pianeti Umani. Responsabile della spedizione di ricerca “Chronos 2” partita con la nave spaziale Sirio, da Terra, astroporto di London, il 12 marzo 2351, data standard. Questi alle mie spalle è Tomas Christiansen, professore di archeologia presso l’università di Roma, e mio marito.
Dicendo queste parole sollevò la mano, andando a carezzare quella del marito.
- Oggi – riprese a parlare – è il 14 maggio 2351, data standard, e stiamo morendo.
Fece un ampio respiro.
- Della nostra spedizione, composta da sette unità, siamo rimasti in vita solo noi. Charles Brunner, l’ingegnere motorista, è deceduto al momento dell’impatto del nostro modulo, il 31 marzo. Andre Lee, la nostra botanica e Roger Sladek, il nostro ingegnere genetista, sono deceduti una settimana dopo. Tanith Gallun, il nostro tecnico di laboratorio, è morta ieri e Raymond Brackett, il nostro pilota e ufficiale di collegamento con la Sirio, è deceduto questa mattina.
Fece una lunga pausa socchiudendo gli occhi.
Arthur si voltò a guardare Jhob, che fissava con estrema intensità quell’immagine.
- Il Chronos, il nostro modulo – la donna aveva ricominciato a parlare – ha subito un incidente in fase di atterraggio. Due degli otto elementi della piattaforma non si sono estroflessi. Il conseguente sbilanciamento dell’intero modulo ha provocato il cedimento strutturale di altri tre elementi. Il risultato di questo cedimento è stata la caduta al suolo del corpo principale del modulo, con il conseguente danneggiamento degli organi di propulsione principale. Purtroppo sono alloggiati proprio in quella parte del modulo. Nell’impatto, come ho già riferito, è deceduto Charles, l’ingegnere motorista, il dottor Brunner. Anche se il modulo è rimasto in posizione verticale, il danno è risultato subito grave e non risolvibile in autoriparazione.
Sembrò guardarli intensamente negli occhi.
- Devo precisare, in proposito, di aver assistito, più volte, durante il viaggio della Sirio, al collaudo della piattaforma di atterraggio. L’ultima volta lo stesso 14 maggio, proprio il giorno del nostro distacco dalla nave madre e del nostro incidente. Mai nessun elemento aveva dato alcun problema. Sempre, tutti gli elementi si erano regolarmente estroflessi.
L’uomo parve invitarla a continuare con una lieve pressione sulla spalla.
- Abbiamo immediatamente tentato di metterci in contatto con il capitano Shepard, comandante della Sirio. Ma abbiamo scoperto che anche la radio di collegamento era fuori uso, così come la radio sub spaziale, per i collegamenti planetari. Le ultime comunicazioni con la Sirio erano avvenute al momento del distacco del modulo. Anche in questo caso posso testimoniare come il tenente Brackett avesse più volte e ripetutamente verificato la perfetta funzionalità degli apparecchi in dotazione del Chronos. In pratica, dal 31 marzo siamo isolati e senza alcuna possibilità di comunicazione con la nostra unica speranza di salvezza, rappresentata dalla Sirio.
La donna parve prendere fiato.
- Eravamo isolati ma, apparentemente, non in immediato pericolo di vita. Infatti i sistemi vitali del modulo continuavano a funzionare regolarmente. Ma, praticamente da subito, abbiamo iniziato ad ammalarci. Dapprima malesseri di poco conto: cefalea, nausea, lievi dolori addominali, e lievi stati febbrili. Poi sempre più accentuati. Abbiamo iniziato ad analizzare l’ambiente, alla ricerca di un qualunque agente patogeno esterno. Ma come già le nostre ricerche avevano documentato, questa possibilità, semplicemente non esisteva. Abbiamo iniziato a morire.
Fece una pausa.
- E solo alla fine abbiamo capito che non era all’esterno che avremmo dovuto cercare, ma all’interno. Era il nostro sintetizzatore alimentare a malfunzionare. Un’altra volta, un inspiegabile, cattivo, funzionamento di una macchina, che in precedenza non ha mai dato alcun problema. Abbiamo scoperto che ci siamo nutriti con alimenti carichi di una tossina, che ha aggredito e distrutto il nostro fegato. La nostra unità medica è assolutamente inadeguata e insufficiente. Del resto, credo che neanche sulla Sirio potremmo ricevere cure efficaci. Avremmo bisogno di un nuovo fegato, naturale o sintetico non importa. Ma un intervento del genere è a settimane di viaggio dalla nostra attuale posizione. Mentre a noi non restano che giorni, se non ore.
La donna parve tirarsi su e guardare con intensità gli spettatori.
- Noi stiamo morendo, ma non per un incidente. Noi stiamo morendo assassinati. Forse, potremmo anche credere in una tanto eccezionale, quanto improbabile, catena di coincidenze sfortunate. Potremmo crederci, se non fossimo a conoscenza del fatto che la nostra uscita di scena, sia perfettamente funzionale agli interessi di qualcuno. Siamo perfettamente coscienti del fatto che la nostra ricerca, ed i nostri risultati, costituiscono un problema. Anzi, il problema. Per la Mines & Stars.
Assentì, leggermente con il capo.
- Siamo così chiaramente consapevoli di questo, da aver scelto e programmato, come campo base della nostra spedizione, l’interno di questa caverna. Che Tom … il professor Christiansen, ha chiamato l’Uovo di Phanes, nel nostro precedente viaggio, quando l’avevamo scoperta. Il nostro campo base è, volutamente, segreto e protetto da ogni ricognizione aerea. Avevamo programmato di concludere la spedizione in anticipo. E di effettuare le operazioni di attracco del Chronos alla Sirio, con ventiquattro ore di anticipo sul programma ufficiale. Proprio per prevenire possibili atti ostili da parte dei mezzi dell’Uranio 1 e dell’Uranio 2, i due moduli della Mines & Stars. Durante il viaggio dalla Terra a Emerald abbiamo scoperto che i mezzi della Mines & Stars sono armati illegalmente. Abbiamo denunciato il fatto alla Shepard, il comandante della Sirio. Ma Jhon Williams, il capo dei moduli minerari, ha negato ogni cosa. E si è opposto ad un’ispezione, sulla base del diritto al segreto industriale. Abbiamo preso le nostre precauzioni. Ma sono servite solo a perfezionare la trappola che ci è stata tesa. Nessuno sa o può scoprire dove siamo. Nessuno sa cosa ci sia successo. Nessuno può venire in nostro soccorso. Siamo condannati.
Abbassò il capo, facendo una lunga pausa.
- Lasciamo questa registrazione, nella speranza che un giorno, qualcuno, possa infine trovare questa caverna. E quel che resta del Chronos. Non sappiamo se sarà ancora possibile fare giustizia. Ma potrà essere sufficiente se, della nostra testimonianza resterà traccia nella memoria dell’umanità, come monito, per i crimini a cui il desiderio smodato di profitto può condurre. I risultati delle nostre ricerche sono nelle memorie del computer di bordo, pressoché completi. Scaricateli e rendeteli pubblici.
Scosse leggermente il capo, mentre l’uomo le carezzava la spalla.
- Probabilmente abbiamo sbagliato. A tacere. Dopo la prima spedizione. Durante il viaggio di rientro, ne avevamo discusso con Williams e gli altri membri dell’equipe dei moduli minerari. Ci siamo lasciati convincere ad attendere. I loro argomenti erano stati convincenti. I nostri risultati erano ancora approssimativi, scientificamente non sperimentati adeguatamente. Ci dissero che la Mines & Stars avrebbe avuto buon gioco nell’arruolare, contro di noi, una batteria di eminenti luminari, con il compito di demolire le nostre conclusioni. Del resto, se contro ogni previsione, invece, fossero state riconosciute le nostre buone ragioni, e avessimo visto il riconoscimento delle nostre teorie, cosa avremmo ottenuto? Il primo effetto concreto sarebbe stato l’abbandono di ogni progetto di esplorazione. Chi avrebbe finanziato, infatti, una seconda spedizione? La Mines & Stars, certamente no! Le nostre ricerche si sarebbero arenate, senza nessuna possibilità di essere concluse.
Sorrise amaramente.
- Erano argomenti validi. Ci hanno convinti a tacere. Quando siamo arrivati sulla terra, abbiamo fatto solo dichiarazioni fumose. Senza alcun riferimento preciso, concreto, alla natura delle nostre scoperte. Ma quando la Sirio è ripartita le cose erano cambiate. Gli uomini della Mines & Stars ci sono stati, sin da subito, palesemente ostili. Poi, abbiamo scoperto la storia delle armi e i reali rapporti, le vere intenzioni. Gli ordini della Mines & Stars all’ingegnere Jhon Williams sono divenuti evidenti. Non avremmo mai dovuto tornare sulla Terra e fare rapporto delle nostre scoperte. Abbiamo tentato di far intervenire il capitano Shepard. Che, però, non ha prestato troppa fede ai nostri timori. Ci ha, però, assicurato che avrebbe monitorato i moduli della Compagnia, una volta che fossero atterrati sul pianeta. Pronta a far intervenire i mezzi della nave, in caso di manovre dubbie. Non dubitiamo che lo abbia fatto. Il capitano Shepard è una brava persona. Ma il signor Williams non ha avuto bisogno di esporre i propri mezzi e le proprie armi, per occuparsi di noi.
Sorrise, di nuovo, amaramente.
- Cinque persone sono già morte e noi, tra breve, le raggiungeremo. Abbiamo scavato le loro tombe fuori dal modulo, nella terra di questa grotta. Abbiamo già scavato anche le nostre tombe, vicine, come lo siamo stati in vita.
Lo sguardo le si velò e parve guardare lontano, verso l’infinito.
La voce divenne quasi un sussurro.
- Solo, vorrei stringere al petto il mio bambino. Almeno una volta. Una volta sola.
Le guance le si rigarono di lacrime.
Il volto dell’uomo ebbe uno spasmo, come di dolore.
La tirò a sé e l’abbracciò.
Rimasero immobili per un lungo momento.
Poi, l’uomo mormorò, appena.
- Questo è un buon pianeta. Emerald farà lieve il nostro sonno.
L’immagine tremolò e poi svanì.
La luce tornò ad illuminare la sala.
Nessuno parlò.
Ingrid teneva gli occhi bassi. Forse piangeva.
Arthur sentiva come mancargli il respiro. Non trovava il coraggio di guardare il viso dell’amico.
Fu Jhob, infine, a parlare.
- Venite.
E s’alzò, andando alla scala, che scendeva verso i ponti inferiori.
Discesero tutto il modulo, sino al portello esterno.
Jhob lo aprì ed uscirono all’aperto.
Uraneo splendeva, accecante, all’imboccatura della grotta.
C’era una radura, alle spalle del Chronos. Piccola e piana, coperta da un’erba sottile e soffice.
La radura terminava con un piccolo boschetto. Erano alberi diversi da tutti gli altri che avevano incontrato sino ad allora.
Erano alti e affusolati, svettanti, con le loro chiome appuntite.
Si sarebbero detti cipressi, se fossero stati sulla Terra.
Erano sette.
Cinque erano come disposti a semicerchio.
Due, un po’ più avanti degli altri, se ne stavano vicini, ad intrecciare i rami.
Il riferimento era evidente. Anche commovente.
Ad Arthur vennero in mente dei versi.
- Or via / ch'io beva della fonte perenne / a destra / là dov'è il cipresso.
Era un frammento di quella laminetta funeraria, che Jhob gli aveva inviato.
Il cipresso, non il pioppo.
Era il cipresso, il segno della via per i giusti.
Sembrava che la natura, o il caso, avesse emesso la sentenza,
Che la mitica Persefone li avesse accolti in pace, rendendo lieve il loro sonno.
Mormorò una domanda.
- Le loro tombe?
Jhob non rispose subito.
Restò per un lungo momento, con un braccio, ad avvolgere il tronco di uno dei due alberi, che se ne stavano nel centro. Il capo chino, il volto contro la ruvida corteccia. Poi si voltò.
Sorrideva, sereno e ironico.
- No. Sono loro – rispose.

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