domenica 2 dicembre 2007

Emerald - Capitolo 16

La mano di Ingrid sulla spalla lo svegliò.
Assonnato si guardò attorno.
Avanti, dallo sferoide della prua della Green Queen, entrava la luce fredda della fattoria, era ancora notte.
- Manca poco più di un’ora all’alba – l’informò la donna – Sam mi ha riferito che c’è movimento dalle parti dell’amministrazione della fattoria. Sembra che il sergente Ficher soffra d’insonnia.
- Cha facciamo?
- Partiamo.
- Ci inseguiranno.
- E con cosa? Con quei giocattoli a cuscino d’aria?
- E quelli? – mentre Ingrid si sedeva alla guida dell’aeronave, Arthur indicò i carghi suborbitali.
- Quelli vanno su e scendono giù, non volano in orizzontale. Se sapessero dove andiamo potrebbero arrivarci molto prima di noi. Ma non lo sanno.
Parlò alla radio.
- La Green Queen, nave indipendente 2742, chiede il permesso di partire e ringrazia per l’asilo concesso.
- Green Queen, permesso accordato. Liberate la piazzola C45 … Vento in coda, regina.
Ingrid chiuse la comunicazione.
- Ti tirerò fuori di lì, Sam, puoi giurarci.
- E se il permesso fosse stato negato?
- Saremmo partiti comunque – rispose – Ma contavo che non fossero arrivati ordini al controllo. Sam, altrimenti, me lo avrebbe fatto sapere in qualche modo. Non capisci? Io sono una indipendente e devo poter atterrare negli insediamenti. Con una partenza illegale sarei stata nei guai. Così, invece, il controllo della fattoria ha registrato la procedura regolare di partenza e nulla mi può essere addebitato.
- Nei sei certa?
- Che ti risulti, qualcuno ci ha detto che non potevamo partire? Di attendere ordini?
- No.
- Allora partire era nel nostro diritto – concluse Ingrid, scrollando le spalle.
La radio gracchiò, poi si sentì una voce diversa da quella di Sam.
- Green Queen … Green Queen, rispondete. Qui è la Direzione della fattoria Sullivan. Rispondete.
Arthur guardò Ingrid, che gli lanciò un’occhiata in tralice e scrollò le spalle.
- Green Queen, rispondete!
Ingrid attivò la radio.
- Qui Green Queen, nave indipendente 2742. Che vuole la Direzione della fattoria Sullvan?
- Sono il direttore Owen e devo chiedervi di invertire la rotta e di tornare a terra.
- Negativo direttore. Abbiamo regolarmente richiesto ed ottenuto il permesso di partenza, come potrà verificare dalle registrazioni del controllo. Abbiamo ringraziato per il diritto di ospitalità concesso e non abbiamo lasciato debiti. Ora andiamo, come nostro diritto, per gli affari nostri.
- Green Queen, ci sono questioni importanti che richiedono …
- Direttore Owen. Questa è una nave indipendente. E le uniche questioni importanti che riconosce sono solo i suoi affari. E gli affari della Green Queen, ora, esigono che si muova senza ulteriori indugi per la sua prossima destinazione.
- Green Queen, gli interessi generali …
- Di chi, direttore Owen? Della Compagnia? Io non devo nulla alla Mines & Stars, direttore. Ho pagato fino all’ultimo credito il mio debito. Glielo assicuro. E degli interessi generali della Compagnia, francamente, me ne infischio.
- Professor Arthur Temple – la voce era cambiata. La voce del sergente Ficher – Sta sbagliando, professore. Noi non abbiamo nulla contro di lei. Ma se è lei che si rifiuta di collaborare, sarà lei a subirne le conseguenze. Si rende conto che non troverà asilo in nessun altro insediamento della Compagnia? Dove pensa di atterrare la prossima volta?
- Direttore Owen, la linea è disturbata. Si è sovrapposta una conversazione estranea. Siamo costretti ad interrompere il collegamento.
E spense la radio.
Arthur guardò indietro, a quella larga ferita luminosa, che s’apriva in quel compatto mare tenebroso di fronde.
- C’è mancato poco.
- Già.
- Quello che diceva il sergente, comunque, è vero.
. In che senso? – chiese Ingrid.
- Non possiamo più atterrare negli insediamenti della Compagnia.
- Beh – disse Ingrid – Un problema alla volta. Da qui all’Aither non avremmo comunque avuto questa possibilità. Non ne incontreremo.
L’orizzonte di fronte a loro cominciava ad inverdire.
La Green Queen aveva ripreso la sua marcia veloce verso sud est ed ora il mare delle fronde, appena increspato dal vento, appariva meno piatto.
Appariva solcato da un susseguirsi irregolare di onde, ora più brevi, ora più imponenti, ora ricadenti l’una sull’altra.
Ma sempre immobili nel loro moto, come sorprese nell’attimo, eppure frementi di riprendere la loro corsa.
- E’ una zona collinosa – rilevò Arthur.
- Siamo molto all’interno – spiegò Ingrid – Anche se siamo ancora lontanissimi dalla Dorsale, il terreno comincia a salire.
Di tanto in tanto il manto compatto del Pool appariva solcato dalle lunghe, sottili cicatrici dei corsi d’acqua che lo attraversavano.
Per quanto messo in guardia da quanto aveva appena saputo, Arthur non poteva non sentirsi affascinato ed attratto da quella lussureggiante bellezza.
Era paragonabile, forse, alle giungle tropicali di altri mondi – intrichi paurosi di vite in lotta per la vita – eppure così diversa, nella sua pura, incontaminata unicità.
- E’ proprio impossibile atterrare per un po’? – chiese ad un tratto – Vorrei vedere da vicino quelle piante.
Ingrid gli lanciò un’occhiata.
- In questo punto bisogna trovare l’ansa di un fiume, con il greto abbastanza ampio per far posare la Green Queen – ed aggiunse – Cosa ti è venuto in mente?
- Una sensazione, nulla di più. Ho pensato che qualcosa di paragonabile al Pool, ma in piccolo, si potrebbe considerare la foresta amazzonica della Terra, o la jungla di Red Tiger. Ma quelle sono delle cose totalmente diverse. Con migliaia di forme di vita che brulicano in una feroce lotta per la sopravvivenza. Con piante carnivore, insetti velenosi e mostri giganteschi. Qui nel Pool c’è solo questa specie di quercia. Come si chiama, il Khiblei. In lotta con nessuno, se non con gli uomini.
- Chi ti dice che, semplicemente, non abbia già sterminato tutti i concorrenti? Hai sentito quel botanico – gli fece notare Ingrid.
- Certo, è possibile. Ma ho la sensazione che, in qualche maniera, la particolarità del Pool sia collegata alla scoperta dell’equipaggio del Chronos.
- E cosa pensi di fare? Tu sei un archeologo.
- Ti ho detto, voglio solo dare un’occhiata.
Ingrid rallentò l’andatura e prese a seguire le ferite che segnalavano i corsi d’acqua.
Finalmente, in corrispondenza di una stretta giravolta di un fiume, che appariva decisamente ricco d’acqua, sulla sponda esterna, trovarono un’ansa alluvionale a forma di mezzaluna panciuta, sufficientemente ampia per consentire l’agevole atterraggio della Green Queen.
Ingrid fu particolarmente accorta nell’operazione, verificando che il levigato acciottolato fosse sufficientemente stabile per sostenere il peso dell’aeronave.
Aprì il portello e la fredda, umida brezza dell’alba portò il gradevole odore del bosco.
Ma fu il silenzio, totale e assoluto, che colpì Arthur. Un silenzio ultraterreno ed inumano che i loro passi violarono, scricchiolando sotto le suole delle loro scarpe.
Si avvicinarono agli alberi armati di torce elettriche.
In effetti il tronco, la forma della chioma e delle stesse foglie, richiamavano molto le forme della quercia terrestre.
Ma ad uno sguardo appena più attento, le differenze balzavano agli occhi altrettanto evidenti.
Non vi era alcun intrico di tronchi, anzi, ogni pianta era ben distanziata, in modo da godere di un adeguato spazio vitale.
Gli alberi apparivano tutti ad un analogo livello di crescita.
E le chiome formavano, viste dal basso, un tappeto uniforme e compatto, che condannava il sottobosco a quel che Arthur avrebbe definito un crepuscolo perenne.
Era come se quel bosco non fosse il frutto di un processo naturale – pensava Arthur, affascinato – Ma il lavoro di un grande giardiniere.
Il sottobosco era totalmente spoglio. Solcato da un indescrivibile intrico di radici che, in superficie, apparivano come vene avviluppate tra loro in maniera inestricabile.
Arthur notò che il suolo era disseminato di piccole ghiande.
Ne raccolse una.
La classica forma della parte inferiore era solcata da una profonda incisione elicoidale, mentre la parte superiore appariva sormontata da un picciolo legnoso, che s’allargava in una specie di larga foglia inclinata su di un lato.
- Sono i semi, ed il segreto del Khiblei – lo informò Ingrid – A scuola ce lo fanno studiare fin dai primi anni. Sono le piante giovani, quando hanno un’altezza di circa tre metri, che producono le ghiande. Le piante adulte sono sterili. Le piante giovani producono moltissime ghiande, che cadono scostandosi dalla genitrice, grazie a quella specie di foglia, che le fa vorticare nell’aria. Ma sono pesanti, e non arrivano lontano. Giusto, alla distanza giusta per dar vita ad una nuova pianta. I semi cadono con la punta rivolta al terreno, e si conficcano, grazie a quella forma a vite, quel tanto che basta per farli attecchire. Ma è solo uno, il seme che fiorisce. Nel giro di pochissimi giorni nasce la piantina, che sviluppa in qualche settimana. Nell’arco di un anno la pianta è adulta e cessa di crescere. Ecco perché sembrano tutte uguali.
- E gli altri semi?
- Restano in sonno. Se, per una qualunque ragione, la pianta muore, ne attecchisce un altro, dando vita ad un nuovo albero.
- Straordinario! – esclamò Arthur – E l’unico problema della Mines & Stars è come liberarsene?
- Questi semi hanno la sgradevole capacità di attivarsi appena si presenti la minima possibilità. Un pugno di terra in una crepa di un muro e, in poche ore, tirano fuori radici dure come l’acciaio e altrettanto forti da spaccarlo, il muro. Scavare dei pozzi estrattivi, costruire degli impianti di lavorazione e delle case in queste condizioni, non è esattamente il massimo per chi deve garantire i profitti agli azionisti.
- E’ vero.
- D’altra parte, il posto non è tranquillo come sembra.
- In che senso?
- Te l’ho detto. Molti sono scomparsi nel Pool senza lasciare traccia.
- Potrebbe essere che abbiano perso l’orientamento e abbiano vagato a vuoto, fino alla morte.
- Ho un’altra teoria.
- E sarebbe?
- Un sistema per atterrare in mezzo al Pool è il fuoco. Quelle piante non prendono fuoco facilmente, sono ricche d’acqua e l’incendio si circoscrive rapidamente da solo. Ma il fuoco diretto è decisamente efficace. Distrugge le piante adulte e in pochi minuti, con un buon lanciafiamme montato sull’aeronave, si ottiene una radura dove si può atterrare comodamente. Ma i semi sono ignifughi. Anzi, il processo di crescita sembra in quel caso più rapido. Forse perché il terreno è più fertile. Io credo che in molti siano scomparsi, dopo aver deciso di sostare in quelle radure.
- Non capisco cosa vuoi dire.
- Perché, tu non pensi che saresti terreno fertile, per questi semi?
Arthur si guardò intorno e l’amena pace del bosco gli si colorò di ombre sinistre.
- Penso che possiamo ripartire.
Ingrid sorrise divertita.
Ripartirono veloci.
L’orizzonte s’era tinto d’un verde smeraldo, che faceva onore al nome del pianeta.
Con un’ampia virata Ingrid puntò la prua dell’aeronave decisamente verso sud.

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