domenica 2 dicembre 2007

Emerald - Capitolo 2

Discese sul pianeta con la navetta dell’astronave.
La cinquantina di poltrone dell’area passeggeri erano pressoché totalmente occupate da tecnici e amministrativi della Compagnia.
E in realtà, se si comprendeva anche il gruppetto di scienziati - reclutati anch’essi dalla compagnia per un progetto, che Arthur non aveva ben compreso, né si era curato di comprendere - egli sembrava essere il solo turista. Il solo, comunque, senza un legame di dipendenza con la concessionaria del pianeta.
Emerald City si trovava nella zona temperata, al centro d'un ampio golfo della costa occidentale del grande continente, Pangea, che da solo rappresentava una buona metà dell'intero pianeta e di fatto la totalità delle sue terre emerse.
Osservando la città dall’oblò, mentre la navetta planava dolcemente, credette di intuire la ragione della propria unicità: il panorama non poteva certo dirsi invitante.
- Quella alla sinistra – disse il signor Ciang, protendendosi in avanti verso l’oblò, e facendo mostra d’aver dimenticato la scortesia di Arthur - è la zona residenziale, con a sud, nella zona dello spazioporto, il quartiere amministrativo e degli ospiti, dove potrà trovare un alloggio. Mentre quella a destra è la zona produttiva. Guardi laggiù – ed indicò delle grandi torri e tralicci, che si stagliavano in lontananza – dove si vedono quelle grandi strutture metalliche. Lì ci sono gli ingressi dei pozzi estrattivi. Avanti si vedono gli impianti di lavorazione dei metalli grezzi e lì, sul lato commerciale dello spazioporto, quelli sono i magazzini per le spedizioni.
- Un’organizzazione molto razionale – fece Arthur, cercando di essere cortese, mentre uno sgraziato cargo commerciale si sollevava dalla sezione commerciale della sterminata piattaforma di cemento dello spazioporto.
- Ci sono ventisei corridoi aerei – riferì soddisfatto il signor Ciang - che consentono il trasferimento, da un qualsiasi punto della città ad un altro, in meno di sette minuti standard. Tutti gli impianti produttivi e tutti gli isolati residenziali sono dotati della loro mensa. Per la Mines & Stars – concluse soddisfatto – è un punto d’onore ottimizzare i tempi e gli spazi.
- Non lo metto in dubbio – sussurrò Arthur, sgomento alla vista di quella congerie di strutture senza grazia.
- Come c’è finito, Jhob? – pensò – E, soprattutto, cosa ci ha trovato?
Aspettò diligentemente che i passeggeri dinanzi a lui liberassero il corridoio e, seguendo il signor Ciang, si avvio al portello.
Sui primi gradini della scaletta si fermò, sconcertato dalla strana luce del pianeta.
- L’avevo avvertita – gli disse il signor Ciang, che s’era girato e gli sorrideva – Non si preoccupi, ci si fa rapidamente l’abitudine. Come del resto a tutto, non è vero signor Temple?
Gli ripose con un cenno della mano, mentre assaporava l’aria, impercettibilmente, ma inequivocabilmente diversa e, comunque, gradita dopo l’asettica atmosfera dell’astronave.
Discese guardandosi attorno.
La navetta s’era posata nei pressi del terminal passeggeri, con i suoi grandi finestroni ogivati e polarizzati.
Avviandosi al terminal, si rese conto che quell’area rappresentava solo una piccola zona dello spazioporto.
Un piccolo spicchio separato, da una parte, dall’area commerciale, dove fervevano le operazioni di carico di almeno cinque mastodontici carghi, e, dall’altra, da un’area delimitata da campi di energia, che emanavano lungo il perimetro fasci di luce verdognola.
Incuriosito, stava per chiederne la ragione al logorroico signor Ciang, quando, con un’elegante parabola, che ne contraddiceva la struttura, un cargo piombò dal cielo, per posarsi al centro di quell’area.
Nel giro di pochi secondi sei mezzi di superficie planarono a circondare il cargo e ne discesero alcune decine di uomini in divisa nera, completa di casco integrale, e storditori alla cinture.
Il ventre del cargo si aprì, rivelando una larga passerella, dalla quale iniziarono a discendere, incerti, uomini, donne, bambini.
- Immigrati – informò Ciang – con ogni nave ne arrivano circa tremila. Quel cargo dovrà fare cinque, sei viaggi per sbarcali tutti.
Arthur si fermò a guardare.
Gli uomini in nero gridavano ordini e, con gesti imperiosi, invitavano quella gente a fare in fretta.
Nel giro di pochi secondi qualche centinaio di esseri umani era raggruppato in un angolo ed il cargo, richiamata la passerella, si sollevò con una rapida accelerazione.
Uno degli uomini in nero, con una pompa, spruzzò una nebbiolina gialloverdastra su quella varia umanità. Un bambino iniziò a piangere.
- Ma cosa?!
- Disinfestazione – l’informò il signor Ciang – Lei non può capire la quantità di germi che si riproducono nelle stive delle astronavi, con migliaia di individui che, per settimane, convivono in così poco spazio. Una volta nel terminal immigrazione, prima della selezione, verranno sottoposti ad una doccia più radicale.
Gli uomini in nero gridavano ora nuovi ordini e il gruppo degli immigrati si divise, non senza deboli resistenze, con gli uomini su un lato e le donne con i bambini sull’altro.
Incolonnati, i due gruppi si avviarono a piedi verso il terminal di quel settore, distante un centinaio di metri.
- Cosa sono quei fasci di energia?
- Campi di forza – rispose il signor Ciang – per evitare sconfinamenti.
- In che senso, sconfinamenti?
- Non si preoccupi, signor Temple, non sono mortali – lo prevenne sorridendo il signor Ciang – Servono a prevenire l’immigrazione clandestina. Chiunque arrivi per lavoro su Emerald, deve aver sottoscritto un contratto preliminare con la Mines & Stars, che si fa carico delle spese di viaggio. Col preliminare, ogni individuo impegna se stesso ed eventualmente i propri familiari minori, ad un periodo di lavoro non inferiore a cinque anni standard per conto della compagnia, nel servizio scelto, a loro insindacabile giudizio, dai selettori della stessa compagnia.
- E poi?
- Chi ha onorato il contratto ed ha saldato i debiti con la compagnia per il viaggio, il vitto e l’alloggio, è libero di fare quel che più gli aggrada – sorrise con un lieve inchino il signor Ciang
- Anche di ripartire da Emerald?
- Se ha i crediti per pagarsi il viaggio – rispose con un’alzata di spalle il signor Ciang.
- Ma chi impedisce a una persona di andare per i fatti suoi, una volta superata la dogana?
- La compagnia è autorizzata ad inserire in ogni individuo un segnalatore radio subcutaneo, in grado di indicare in ogni momento, al sistema di controllo centrale, la posizione di quell’individuo. Prima che sia uscita dal terminal immigrazione, ognuna di quelle persone, mi creda signor Temple, avrà il suo bravo segnalatore.

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