domenica 2 dicembre 2007

Emerald - Capitolo 15

- Permettete che mi sieda con voi?
Assentirono dopo un attimo.
L’uomo si sedette con un sospiro che voleva suonare cordiale.
- Ho proprio bisogno di parlare con qualcuno di fuori. Sapete, dopo otto mesi rinchiuso con cinquecentosettantaquattro miners “Senza offesa, ragazzo” - s’era rivolto a Sam - comincio ad impazzire.
- Ha gli altri dirigenti – gli fece notare Ingrid
- Quadri di carriera – disse l’uomo, storcendo la bocca – il direttore è il più miner di tutti.
- Lei no? – chiese Arthur
- Tre anni di contratto. Ben pagato, niente da dire. Viaggio, vitto e alloggio spesati. Ma vi assicuro che non mi passa neanche per l’anticamera del cervello il pensiero di restate un solo giorno di più, su questo schifo di pianeta.
- Il signor Martinez è un tecnico botanico – li informò Sam – uno degli stregoni che manda avanti questa baracca.
- Mando avanti? Il più delle volte ho l’impressione di fare il pilota di un caccia bombardiere della Marina della Confederazione.
- Strana similitudine per un botanico - interloquì Arthur, la cui curiosità s’era risvegliata davanti alla possibilità di saperne qualcosa in più su di un aspetto della vicenda, che lo vedeva coinvolto, e che gli era ancora totalmente oscuro.
- Lei crede? Io penso che se sparassimo un raggio dallo spazio, otterremmo lo stesso risultato che otteniamo con la nostra grande scienza e la nostra grande tecnica. Sicuro, lo stesso risultato, per giunta provvisorio.
- Non le sembra di esagerare? – lo provocò Arthur
- Esagerare? E’ una guerra, credetemi, una vera e propria guerra. E non credo che la vinceremo.
- E’ il Pool – disse Ingrid ad Arthur come se quel nome spiegasse tutto.
Di fronte all’evidente sconcerto di Arthur, Martinez si sentì in dovere di una spiegazione.
- Quando si è avviata la colonizzazione di Emerald, venticinque anni fa, i tecnici della Mines & Stars decisero che il luogo più opportuno dove gettare la testa di ponte dell’operazione fosse da questa parte di Pangea, nel Pool. E la scelta era logica. Il clima è ottimo, temperato, con il giusto quantitativo di piogge. E’ una vastissima pianura fertile di migliaia di chilometri quadrati e il sottosuolo è ricchissimo di metalli pesanti. Il piano era semplice e geniale allo stesso tempo. Concentrare in questa area del pianeta la rete degli insediamenti e collegarla ad una rete logistica, che ne sfruttasse le capacità riproduttive naturali.
I problemi, però, si sono cominciati a manifestare fin da subito. Questa bellissima foresta … Sapete? E’ esclusivamente composta di un’unica pianta, il Khiblei, una pianta simile, in apparenza, solo in apparenza, alle nostre querce … Scusate, sto divagando. Dicevo. Questa bellissima foresta si è dimostrata più infestante di qualunque erbaccia, di qualunque pianeta, su cui l’uomo abbia mai messo piede. Emerald City è stata costruita vicino alla costa, perché hanno voluto proteggersi le spalle. Lei viene da Emerald City – chiese ad Arthur, che assentì - Ha visto, un albero, un’aiola, una piantina, un filo d’erba, in quella città?
Arthur fece mente locale, sorpreso.
- No.
- E la ragione è che l’intera area su cui è sorta la città e poi l’intera fascia perimetrale esterna larga due chilometri, è stata sterilizzata. E viene mantenuta sterile con la barriera di campi di forza che abbiamo anche qui, intorno alla fattoria. Non è stata lasciata una sola cellula viva, fino alla roccia madre. Emerald City sorge su un deserto ossidato di roccia e polvere.
- E’ terribile – mormorò Arthur
- Terribile? Se non si fosse fatto così, la foresta si sarebbe ripresa tutto. Lei non ha idea della velocità con cui si riproduce, ovunque e comunque.
- E’ vero, Arthur – disse Ingrid – Questa è la ragione per cui non è igienico campeggiare nel Pool. In molti sono scomparsi lì dentro, senza che se ne sia più trovata alcuna traccia. Come se la foresta li avesse inghiottiti.
- Avete, adesso, una vaga idea dei problemi che dobbiamo affrontare in questo buco? La fattoria sorge su una sorta di piscina di cemento profonda cinquanta metri. Il muro perimetrale che vedete, è solo la parte superiore delle pareti della vasca. Sul muro ci sono i proiettori dei campi strerilizzanti, che ammazzano qualunque cellula vivente che finisca a meno di cinque metri dal muro. Il terreno utilizzato nelle serre viene prima sterilizzato e poi rivitalizzato artificialmente. Le sementi sono importate dallo spazio. E in queste condizioni dobbiamo rispettare le quote di produzione che l’amministrazione ci assegna. E non basta. Dobbiamo anche rispettare il programma di ampliamento della fattoria, procedendo al disboscamento dei tratti di foresta confinanti. La popolazione di Emerald cresce al ritmo costante di seimila miner ogni anno.
- Ma le foglie, i frutti, o quello che sia, di queste piante di questi …
- Khiblei
- Di questi Khiblei, sono velenosi? Tossici?
- No. Se fossimo capre, sarebbero un’ottima fonte di cibo.
- Ma, allora, perché non si è fatto ricorso all’allevamento?
Ad Arthur sembrava una soluzione ovvia, banale.
– Con tanta abbondanza di cibo, le mandrie prospererebbero, tenendo a bada naturalmente la foresta.
- Lei sa che su Emerald non c’è nessuna forma di vita animale?
- Si
- Bene, non se ne conosce la ragione, ma tutti i tentativi di importare erbivori, fossero bovini, ovini, cammelli, giraffe, gazzelle o quant’altro, è fallita miseramente. Gli animali muoiono e, come dicevo, non se ne è scoperta la ragione. Gli unici allevamenti che sono sopravvissuti sono quelli in fattoria. Allevamenti in vitro, dove è ricostruito l’ecosistema terrestre, senza alcun contatto con quello emeraldiano. Ce n’è qualcuno, in qualche fattoria, ma a puro titolo sperimentale. Non è conveniente allevare animali. Serve troppo foraggio e non possiamo sprecare così il poco terreno che abbiamo a disposizione. Meglio il ricorso alle proteine vegetali, che possiamo produrre in maniera intensiva.
- E il pianeta è tutto così?
- Che io sappia, finora non sono stati fatti seri esperimenti. Del resto, verso nord il Pool si interrompe solo nella zona artica. Ad est quando cominciano le montagne della Dorsale. E a sud al Grande Bert. Oltre il fiume c’è la regione del Lao Tze che è tutta montagne, gole e graniti e, ancora più a sud, c’è il Walker, dove dubito che ci sia qualcosa che possa sopravvivere.
- E dall’altra parte della dorsale? – chiese Arthur
- Ne so poco. La Compagnia fino ad ora se ne è disinteressata. Credo per il fattore climatico. Non è molto saggio impiantare fattorie, dove si verificano continui uragani e non solo. Ma lei, piuttosto, come è finito da queste parti? – cambiò discorso Martinez – Non mi sembra uno di quegli svitati in cerca d’avventura, che si vedono di solito su Emerald.
- Le apparenze ingannano – rispose con un mezzo sorriso Arthur
- Già, come mai a spasso per Emerald, signor …?
A parlare era stato un giovane sulla trentina, alto, biondo, con i capelli a spazzola, gli occhi grigi e le labbra sottili. Indossava, con eleganza, una divisa nera così perfetta da far sentire Arthur intimamente sgualcito. Era comparso come dal nulla poco dietro Arthur ed Ingrid. E sorrideva, freddo, in piedi, in attesa.
- Lucas – improvvisò Arthur – George Lucas – Si era ricordato il nome di uno degli scienziati che erano arrivati con lui sul pianeta - Sono un fisico molecolare, arrivato tre giorni fa a Emerald City. Sto dando un’occhiata al pianeta, prima di iniziare il programma di ricerche.
Ingrid lo guardò in silenzio, poi bevve un sorso della bevanda che ormai era diventata fredda, distogliendo lo sguardo.
- Il sergente Ficher – fece le presentazioni Sam – responsabile della Sicurezza nella fattoria.
- Lucas – disse, atono, il sergente Ficher – E come trova il nostro pianeta, dottor George Lucas?
- Interessante, sergente.
- Bene. Arrivederci, dottor George Lucas – e l’uomo in nero si allontanò, uscendo senza fretta dal locale.
- Un uomo sgradevole – commentò a mezza voce Martinez – Come lo sono la maggior parte delle cose su questo pianeta.
- Sarà il caso che noi si vada a dormire – disse Ingrid ad Arthur – Domani dobbiamo partire presto e ci attende un lungo viaggio.
- Vi fermate alla locanda? – chiese Sam
- No – rispose Ingrid – Dormiamo sulla Green Queen. E’ più pratico.
Si alzarono e salutarono il signor Martinez.
Sam si offrì di accompagnarli sino all’aeronave.
Il ritorno fu silenzioso.
Solo nello scendere dalla piattaforma Ingrid chiese a Sam:
- Sei di turno al controllo ‘sta notte?
- Devo esserci?
- Sarebbe meglio.
- Ci sarò.
Si abbracciarono, poi Sam strinse la mano ad Arthur e gli mormorò:
- Buona fortuna.
Salirono sulla Green Queen, mentre Sam se ne tornava sfrecciando a velocità folle.
Ingrid si mise ai comandi dell’aeronave e armeggiò con la consolle, fino a che non parve soddisfatta. Dopo di che si girò verso Arthur, che era rimasto in silenzio ad osservarla.
- Non mi piace iniziare una storia senza sapere dove mi sto cacciando, Arthur … o devo chiamarti George.
- Credo che la sicurezza mi stia dando la caccia.
- Ti sembra un particolare che potevi trascurare di dirmi?
- Avevo intenzione di dirtelo.
- Certo, quando non avrei potuto mollarti.
- Non è così. Io non sapevo che questa notte ci saremmo fermati in una fattoria della Compagnia … Sono Arthur Temple, professore di archeologia presso il continente universitario di New Yale. Jhob Crhistiansen, l’uomo che ha ingaggiato Berensky, il tuo compagno, è un mio collega ed un mio amico. Credo, anzi ne sono certo, che la sicurezza stia dando anche a loro la caccia. Se non li ha già catturati … o peggio.
- Vai avanti.
Arthur raccontò quanto gli era avvenuto, quanto aveva appreso sulla storia di Emerald e dei genitori di Jhob. Restò sul vago solo sulla Società dei Naufraghi del Chronos e su quella restaurazione di un culto misterico, vecchio di migliaia di anni, che non comprendeva.
Alla fine Ingrid lo restò a fissare per qualche secondo. Poi, senza lasciare trapelare nulla, si alzò.
- Vatti a stendere e cerca di dormine un po’ - disse - Dovremo partire molto prima dell’alba. Prima che il sergente Ficher riceva ordini, o decida qualcosa di testa sua.
- Siamo tranquilli, questa notte?
- Se succede qualcosa Sam ci avvertirà. La Green Queen è pronta a partire.
- Ma poi? Con il tuo segnalatore, potranno rintracciarci quando vogliono.
Ingrid ebbe un mezzo sorriso.
- S’è guastato quasi un anno fa. La Compagnia mi ha invitato a presentarmi per la sostituzione. Ma non l’ho mai fatto. D’altra parte la cosa non interessa neanche loro. Se un cercatore ha un incidente senza segnalatore, è un problema in meno per la Compagnia.
E si stese sulla cuccetta girandosi, la faccia contro la paratia.
- Grazie – disse Arthur, ma non ebbe risposta.

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