domenica 2 dicembre 2007

Emerald - Capitolo 22

La mattina successiva il paesaggio continuò a digradare, procedendo verso sud.
Contemporaneamente la vegetazione si faceva più rada, meno rigogliosa, più occasionale.
I laghetti erano già scomparsi e, progressivamente, la Green Queen si trovò a volare su un piano basaltico, arido e spoglio.
Ad un tratto l’orizzonte parve venire loro incontro e, prima che Arthur se ne rendesse conto del perché di quello strano fenomeno, superarono il ciglio di quella che era una rupe, alta diverse decine di metri, e che si estendeva ai loro lati da orizzonte ad orizzonte.
Ma quello che colpi Arthur, fu lo scenario che gli comparve dinanzi agli occhi.
Un oceano opaco, verde pallido, immobile e brulicante a un tempo, percorso da nebbie vorticanti, si stendeva, illimitato, dinanzi a loro.
- Il Walker – l’informò Ingrid – Cancella ogni nozione di inferno che hai avuto fino ad ora. L’inferno è questo.
Era sabbia.
Un oceano di sabbia finissima, che il vento del nord est muoveva continuamente.
La Green Queen procedette diritta, inoltrandosi al suo interno.
Ben presto il loro orizzonte si restrinse di molto. Il velo impalpabile di sabbia, che continuamente si sollevava, consentiva solo qualche centinaio di metri di visuale e l’intero universo aveva assunto quella opaca colorazione verde chiara.
Il vento colpiva incessantemente le dune che, lentamente, si muovevano.
La sabbia si accumulava sul lato controvento, innalzando la duna, e tracimava sul lato sottovento.
A volte, per uno strano fenomeno, la sabbia accumulata sulla cresta non si decideva a cadere in avanti, allora si innalzavano pareti vertiginose, destinate a crolli repentini e rovinosi.
Altre volte, alle basi delle dune, si formavano gorghi, dove la sabbia vorticava impazzita.
Mentre, ancora altre volte, senza una ragione apparente, s’alzavano tempeste di sabbia, che cancellavano la stessa luce di Uraneo.
- Se la Green Queen avesse un’avaria, che succederebbe? – chiese ad un tratto Arthur.
Ingrid sorrise.
- Allora. Se riuscissimo a non farci sommergere da una duna. Se non finissimo in un succhione. E se il sistema di climatizzazione continuasse a funzionare, qui siamo tra i trecentoventi e i trecentotrenta gradi Kelvin, avremmo qualche speranza di sopravvivere per un po’ di ore.
- Soccorsi?
- Negativo, fratello. Qui non prende alcun segnale. Questa sabbia è un miscuglio di metalli leggeri.
- Proprio un bel posto.
- Almeno qui non ci può intercettare nessuno.
- Consolante. Dobbiamo andare avanti per molto, così?
- Un quattro ore. Poi andiamo a est, verso la Dorsale.
- Al campus, in questa stagione, mi piace leggere, seduto contro il tronco di un albero, nel parco.
- Ehi fratello! Non dirlo a me. Se non fosse stato per te, io a quest’ora me ne starei bevendo una bella Brinka al pub.
Si sorrisero.
Andarono avanti perdendo la cognizione del tempo e dello spazio.
Superando una duna dopo l’altra, ogni duna uguale all’altra, in quell’universo-bolla verde chiaro opaco, che s’allargava e si restringeva, che s’illuminava e si spegneva, come fosse il capriccio del caso.
Solo il segnatempo, sul quadro comandi della Green Queen, proseguiva, imperturbabile, la marcia, mentre l’aeronave, di tanto in tanto, veniva colta di sorpresa da un colpo di vento più violento e sussultava, prima che gli stabilizzatori compensassero la spinta.
Finirono per tacere completamente, con Arthur, inquieto, a scrutare il nulla e Ingrid, con il volto scolpito da una determinazione feroce.
Con un’insensibile lentezza, il segnatempo arrivò a indicare la quarta ora e Ingrid fece compiere alla Green Queen una virata di novanta gradi, a sinistra.
Se Arthur s’era atteso qualche cambiamento, restò deluso.
A parte un mutamento nella direzione prevalente delle dune, tutto procedette come prima.
Il tempo tornò a non scorrere.
Fu quando il segnatempo ebbe concesso altre tre ore al loro viaggio, che Arthur notò qualche traccia di mutamento.
Il loro universo-bolla s’era allargato.
Ora aveva un diametro di, forse, un chilometro, e sembrava in lenta, ma costante, espansione.
- Va un po’ meglio? – si azzardò a chiedere a Ingrid.
- Ci avviciniamo alla Dorsale. La quantità di sabbia si riduce. Il Walker si fa sempre meno profondo. Ma ne avremo, almeno, per un'altra ora – gli rispose Ingrid, senza distogliere lo sguardo.
Mezz’ora dopo anche Uraneo era visibile, velato, alle loro spalle.
L’aria aveva ancora una colorazione opaca, ma le nubi di sabbia s’erano ridotte a una foschia, densa, ma penetrabile allo sguardo.
Le dune su cui correvano erano ancora alte ed imponenti, ma Arthur iniziava a rilassarsi.
La vide come fosse un gigantesco insetto che, lento, si levava da dietro la cima di una duna, lontana, davanti a loro.
Era un’aeronave puntata verso di loro.
Visibili, il profilo frontale schiacciato e due globi, fusi, nella parte superiore della prua, come occhi sporgenti.
- Julian – sussurrò Ingrid.
- Un cercatore?
- Gli basta un decimo della taglia per scaraventare madre, padre e tutta la famiglia giù per un pozzo – aggiunse a denti stretti.
La radio parlò.
- Ingrid, ti aspettavo.
- Cos’è, Julian, hai deciso di farmi una sorpresa?
- Non sei contenta di vedermi?
- Dove hai lasciato gli altri?
- Sei troppo furba, bambina, per quel branco di imbecilli. Ho scommesso che li avresti fatti correre dietro le ombre.
- E tu, furbone?
- Io? Io mi sono detto: Vuoi vedere che la bambina deciderà di fare proprio quello che nessuno pensa che farà?
- Non hai pensato troppo, Julian? Non è da te! Ti farà male la testa!
- Non ti preoccupare, bambina. Ho avuto tutto il tempo necessario per riprendermi. Sai? Mi sono proprio riposato. Sono venuto direttamente qui. Ho fatto base sulla riva del Walker e ti ho aspettato. Ho svolazzato, così, tanto per tenermi in esercizio. E tu?
- Fresca come una rosa, Julian.
- Dopo … quante, bambina? Sette, otto ore di Walker?
- Oh, un gioco, Julian. Se vuoi, ti ci porto a fare un giro.
- Un’altra volta, magari, Ingrid.
Ingrid scostò il microfono della radio.
- Allacciati le cinture – ordinò ad Arthur.
Le aeronavi erano separate, ormai, solo da qualche decina di metri e, improvvisamente, Ingrid fece scartare sulla destra la Green Queen, con una virata che la inclinò di quarantacinque gradi.
Julian fece contemporaneamente la medesima manovra e i due mezzi schizzarono via, allontanandosi tra loro.
- E così hai voglia di giocare, Ingrid? – disse Julian, mentre compiva una larga virata, per mettersi all’inseguimento della Green Queen.
- Julian, perché non te ne vai per gli affari tuoi? Tanto, non mi fermo a giocare con te.
- Come, Ingrid, te ne vuoi andare senza giocare con me? Faresti questo a me, che ti sono stato ad aspettare tutto questo tempo?
- Julian, cominci ad annoiarmi.
- E come pensi di andartene, bambina? Con quel tuo giocattolino? Vuoi mettere la Falcon con la tua reginetta?
L’aeronave di Julian aveva rapidamente guadagnato strada ed ora, era in coda alla Green Queen, ad una quota più alta.
- Non mi impressioni, Julian – disse Ingrid – Non puoi farci nulla, se vuoi consegnarci vivi alla Compagnia e incassare la taglia.
In quel momento la Falcon si abbassò rapidamente, colpendo, con la parte inferiore della fusoliera, la parte posteriore della Green Queen.
Il colpo fu tremendo ed Ingrid riuscì a riprendere il controllo dell’aeronave con fatica.
- Errore, bambina. Sei stata informata male. Vivo o morto, il rainbowed. Di te, non gliene frega niente a nessuno. Ti faccio fuori per pura soddisfazione personale. Ho una camera olo che sta riprendendo tutto. Per cui, fate il favore, sorridete. Non voglio facce tristi quando passerò alla cassa.
La Falcon era di nuovo in coda alla Green Queen e si preparava a sferrare un nuovo colpo, quando Ingrid fece impennare l’aeronave, che schizzò verso l’alto, rovesciandosi e ricadendo in una parabola, che la fece finire in coda alla Falcon, dopo un cerchio completo.
- I propulsori Hidening? – propose Arthur.
Ingrid scosse la testa.
- Li ha anche lui e perderemmo in manovrabilità, che è poi il nostro solo vantaggio. Dobbiamo indurlo in errore.
La Green Queen manteneva la coda della Falcon, che non riusciva a scrollarsela di dosso.
Ogni tentativo di cambiare rotta, grazie alle virate più strette dell’altra, si traduceva, per l’aeronave di Julian, in una riduzione del vantaggio acquisito con la sua maggiore velocità.
I minuti passavano e Julian aveva smesso di parlare, spingendo la Falcon in manovre sempre più nervose
- Julian, ti vuoi togliere da davanti ai miei piedi? – l’irrise Ingrid – O devo cacciarti a calci nel sedere?
- Lurida puttana! – gridò Julian – Adesso ti cuocio a dovere.
La Falcon schizzò in avanti a gran velocità.
Poi, quasi si fermò di colpo e, manovrando sul posto, ruotò la prua di novanta gradi, girandosi allo stesso tempo sull’asse, in modo da mostrare la pancia alla Green Queen in arrivo.
- Fottiti, stronza! – urlò Julian.
D’improvviso, dalla pancia della Falcon, eruttò un fiore di fiamma che, guizzando come una frusta, si protese verso la Green Queen.
- Il lanciafiamme! – urlò Ingrid, manovrando febbrile.
La fiamma lambì appena l’aeronave in fuga.
Il contraccolpo di quell’energia, liberata in quella posizione irrituale, fece impazzire gli stabilizzatori della Falcon, che non furono in grado di bilanciarla.
L’aeronave perse l’assetto e si proiettò in direzione opposta, finendo contro il crinale di un’alta duna.
Rimbalzò fino alla base della stessa, dove lo smottamento della sabbia la sommerse in pochi secondi.
Qualche momento dopo, un’esplosione aprì un vasto cratere che la sabbia, subito, prese a cancellare.
Ingrid stava controllando che la Green Queen non avesse subito danni rilevanti, mentre Arthur guardava, attonito, lo scomparire delle tracce.

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