domenica 2 dicembre 2007

Emerald - Capitolo 19

Fece stendere a pancia in giù Ingrid e le slegò le mani.
Poi, mentre li teneva sotto il tiro del paralizzatore, consentì ad Ingrid di sciogliere le mani di Arthur.
- Allora? – chiese impaziente.
- E’ un racconto lungo – prese tempo Arthur – Conosci la storia della seconda, doppia, esplorazione di Emerald? Quella della Sirio?
- Vagamente.
- Quella era una nave modulare. Due moduli erano della Mines & Stars e il terzo era attrezzato dal Dipartimento di Scienze Naturali della Confederazione. La Mines & Stars faceva ricerche minerarie, mentre il Dipartimento, ricerche biologiche e genetiche sulla vita di Emerald. Tutto normale fin qui. Le cose interessanti cominciano già nel primo viaggio. L’equipaggio del modulo scientifico, infatti, si imbatté per caso in una scoperta clamorosa. Nell’Aither trovarono, quasi in superficie, quasi al limite esterno della roccia madre, un giacimento di metalli pesanti di tale vastità da equivalere, da solo, a tutti quelli che gli altri moduli avevano rilevato nel Pool, e a quattromila metri di profondità. L’equipe del modulo era composta da scienziati, certo. Ma anche gli scienziati sono esseri umani. Così si guardarono bene dall’informare della scoperta gli altri moduli e lo stesso capitano della nave. Ovviamente avevano pensato di sfruttare in proprio quella scoperta. Così erano partiti per il secondo viaggio, con l’intenzione di completare segretamente le rilevazioni. Per loro sfortuna, però, in fase di atterraggio qualcosa andò storto e il modulo è precipitato.
- E tu come fai a sapere queste cose, rainbowed? – chiese Ted.
- Ti ricordi come si chiamavano i capi del modulo del Dipartimento?
- No.
- Ti rinfresco la memoria, Ted. Christiansen. Erano i coniugi Christiansen. Adesso, ti ricorda niente questo cognome, Ted?
- Christiansen …
- Come si chiama il mio collega, il mio amico che ha affittato la carretta di Berensky?
Ted lo guardò strabuzzando gli occhi ed Arthur continuò.
- Christiansen. Jhob Christiansen. I capi del modulo erano i suoi genitori.
- Klaus … allora Ingrid …
- Già, era tutto un piano – confermò, non si capiva bene cosa, Ingrid.
- Jhob ha trovato un diario che il padre aveva lasciato dopo il primo viaggio. E’ così che siamo venuti a conoscenza della storia, e abbiamo pensato che ci si poteva fare qualcosa – sorrise obliquo – Più di qualcosa.
- Legalmente quel giacimento è fuori della concessione - Ted pensava furiosamente a voce alta, annuendo.
- Già. E questo spiega l’interesse feroce della Compagnia e del capitano Gile. Chi mette per primo le mani sul giacimento fa la sua fortuna.
- Volete far valere il diritto di scoperta. Mettervi in concorrenza con la Mines & Stars! – gridò Ted, gli occhi fuori dalle orbite.
- Un notaio ha già le carte pronte per il Dipartimento – confermò Arthur.
Ted, ormai, era stato messo in moto e andava avanti da solo. Bastava assecondarlo.
Arthur era partito senza sapere dove andare a parare e, con sua grande sorpresa, s’era scoperto un ottimo bugiardo.
Non aveva fatto altro che poggiarsi su una base di cose vere, per poi arricchirla delle cose che quel Ted non attendeva altro che di sentire.
Arthur ora era convinto che si sarebbe bevuto qualunque sciocchezza, purché s’adattasse alle sue aspettative.
Sarebbe stato lui stesso, Ted, a giustificarla logicamente.
- Quando il tuo socio, questo Jhob, è venuto su Emerald per rintracciare il giacimento, qualcosa è andata storta e la Compagnia ha scoperto tutto.
- Hai colto nel segno, Ted.
- E tu sei dovuto venire per sistemare le cose.
- Già. E’ per questo che dobbiamo raggiungere Jhob nell’Aither – e aggiunse – Tra una decina di giorni arriverà il notaio con un incrociatore della Confederazione e, per allora, dovremo aver risolto i problemi e trovato il giacimento.
Questa era davvero grossa e Arthur temette di aver esagerato.
Ma Ted, in pieno delirio, non vi trovò nulla da dire.
- Certo. Dobbiamo andare – disse - Partiamo subito.
Un momento! – protestò Ingrid – E la Green Queen?
- Che ti importa di quella carretta? – gli rispose Ted – Hai idea di quanto possiamo tirare fuori da questa storia?
Si girò e fece per andare ai comandi.
Ma si fermò a metà strada per voltarsi, il paralizzatore puntato contro di loro.
- Ma il cinquanta per cento è per me. Questi sono gli accordi.
- Abbiamo fatto un patto – lo rassicurò Arthur.
- E questo vale anche per il tuo socio e per Klaus. Sono affari vostri su come vi mettete d’accordo.
- Il cinquanta per cento è tuo, Ted. Farai l’amministratore delegato. Chi vuoi che faccia storie su una montagna infinita di crediti?
Ted parve perso nel suo sogno.
Si sedette ai comandi, lanciò distrattamente il paralizzatore sulla plancia di fronte a sé, e fece decollare, veloce, la Little Tzar, puntando verso est, verso la Grande Dorsale.
Arthur si guardò intorno.
Vicino alla cambusa vide un lungo picchetto metallico per sondaggi.
Con la coda dell’occhio, s’assicurò che l’altro uomo continuasse ad esser perso nei suoi sogni e, lentamente, con circospezione, allungò una mano fino a toccare il picchetto.
Ebbe un attimo d’esitazione.
Poi, rapido, senza lasciarsi il tempo di pensare, l’afferrò e, fatti due passi, sferrò un bel colpo su quella ridicola bandana.
Sentì la propria voce mormorare:
- Niente di personale, Ted. E’ solo una questione d’affari.
Ingrid lanciò un grido.
Ted parve irrigidirsi.
La testa scattò all’indietro, incassandosi nelle spalle.
Poi, lentamente, cadde in avanti, crollando sul quadro comandi.
La Little Tzar sembrò impazzire.
Scartò di lato, per poi avvitarsi in una serie di lente giravolte.
Il corpo di Ted rotolò via dal posto di guida, mentre Ingrid e Arthur s’erano aggrappati a dei grandi maniglioni, riuscendo a limitare i danni.
L’aeronave ora s’era stabilizzata, ed Ingrid riuscì a raggiungere i comandi.
Ne azionò disperatamente alcuni - l’aeronave stava picchiando verso le rocce sottostanti – e riuscì a farla planare.
Ma con un attimo di ritardo.
Il fondo del carapace della Little Tzar, infatti, urtò violentemente le rocce, prima di riprendere quota, lacerato da profonde ferite.
L’aeronave parve quasi fermarsi a mezz’aria, e Ingrid ed Arthur si scoprirono sospesi sopra la scogliera del Big Bert.
Poi, lentamente, la prua cominciò ad abbassarsi e, quasi impercettibilmente, la Little Tzar s’avviò a precipitare verso l’acqua.
Ingrid, azionando freneticamente i comandi, riuscì a mutare quella caduta in una curva che, quasi, fece poggiare l’aeronave sul pelo dell’acqua.
Ebbero appena il tempo di guardarsi in faccia.
Dagli squarci, che si erano procurati poco prima sulle rocce, l’acqua entrava veloce.
La Little Tzar stava affondando rapidamente.
Ingrid andò al portello e l’aprì, mentre Arthur si chinava sul corpo esanime di Ted.
Respirava, anche se il braccio destro aveva una posizione innaturale.
L’aeronave prese, rapida, ad inclinarsi sul lato del portello.
Arthur vide, vicino alla cambusa, un asse di materiale plastico e l’afferrò per scaraventarlo fuori, nell’acqua. Galleggiava.
- Aiutami – chiese a Ingrid.
E insieme trascinarono il corpo di Ted sino al portello e lo lasciarono cadere in acqua.
Lo seguirono, cercando di sostenerlo e, annaspando, raggiunsero la tavola.
Con estrema fatica vi stesero sopra Ted, lasciando nell’acqua le sole gambe.
Si fermarono, stremati e ansanti, a riprendere fiato, aggrappati a quel fragile appiglio.
Sotto i loro occhi la Little Tzar s’inabissò rapidamente.
Ted si lamentava debolmente.
Stava riprendendo i sensi.
- Calma, amico. Non ti agitare – disse Arthur, volendo essere rassicurante.
Ted sollevò di scatto la testa e Arthur vide in quegli occhi la follia.
Ted ebbe uno scarto violento e la tavola si rovesciò. Arthur ed Ingrid annasparono e vi si riaggrapparono.
In quel momento la mano contratta di Ted s’inabissava, seguendo la corrente.
Rimasero per un lungo momento immobili, ansanti.
Poi Arthur sentì Ingrid sussurrare appena.
- La tua porta, Ted. La tua porta per le stelle.
Erano nell’acqua, aggrappati ad una tavola di plastica, ma Arthur sapeva che quelle, sul volto della donna, erano lacrime.
Uraneo s’avviava rapidamente a tramontare oltre la scogliera, lontana.
La corrente, tanto placida quanto inesorabile, li trascinava con sé, allontanandoli ancor più dalla riva.
Non avrebbero resistito molto.
Si disse Arthur mentre, incongruamente, registrava che in quel tratto il fiume scorreva verso nord, in una delle sue tante giravolte.
Non avrebbero resistito molto.
Si ripeté Arthur, mentre il gioco della corrente li aveva fatti ruotare ed ora procedevano di spalle.
Non avrebbero resistito molto.
Si trovò a pensare Arthur, quando qualcosa li urtò alle spalle.
Era quell’approssimativa imbarcazione a vela del greenfree.

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